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PRECISAZIONI Gli insulti su Facebook verranno multati – Bufale.net


Ci segnalano i nostri contatti il seguente articolo, pubblicato sul quotidiano Il Mattino, da cui apprendiamo che:

REGGIO EMILIA – Attenzione ad offendere qualcuno su Facebook: da oggi potreste pagarla molto cara. Secondo quanto deliberato da un giudice, infatti, gli insulti online potrebbero costare 100 euro per ogni giorno che rimangono online.
La notizia è apparsa sul Resto del Carlino e parla di una giovane parrucchiera emiliana, offesa pubblicamente su Facebook sarà risarcita in questo modo. Il giudice civile Chiara Zompì, infatti, ha emesso un’ordinanza nella quale si impone la rimozione degli insulti rivolti alla ragazza su Facebook, e il risarcimento di 100 euro per ogni giorno che quelle parole ingiuriose sono rimaste online e visibili pubblicamente.

La notizia è vera, la sentenza del Giudice adito retta e corretta sia in fatto che diritto e, a voler essere davvero pignoli fino allo spasimo, l’unica cosa su cui obiettare è la scelta del titolo.
Infatti non è che tutti gli insulti su Facebook verranno multati.
In primo luogo perché non si tratta di multa in questo ma di sanzione civile, un risarcimento per il danno di immagine patito che non esclude che possano poi arrivare le ben più onerose sanzioni penali.
In secondo luogo perché in realtà si è sempre potuto contestare gli effetti nocivi dell’ingiuria e della diffamazione rivolti tramite Internet, come con ogni altro mezzo. Semplicemente, per anni Internet è stata considerata dalla stessa media degli utenti una giocosa “Terra di Nessuno” in cui, sostanzialmente, consentirsi strappi alle regole che nella vita reale nessuno si sarebbe mai sognato di infrangere.
Evidentemente, qualcosa nel giochino comincia ad interrompersi.
In realtà, come avrete capito, i binari da seguire sono due in caso siate anche voi vittima di diffamazione a mezzo Internet. E possono essere paralleli, ovvero simultaneamente coesistere.
La ragione di tale duplice possibilità sorge dalla lettera dell’articolo 2043 c.c., il quale dichiara che qualunque fatto doloso o colposo che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno, e per una cui maggiore comprensione rimandiamo alla perita sinossi fornita da Studio Cataldi in  La responsabilità extracontrattuale .
Sostanzialmente, ogni qual volta si concretizza un elemento che sia illecito, quindi creato per dolo (volontà di fare del male, detto in modo semplice e brutale) o colposo (imperizia che cagiona un evento nocivo, semplificando), e questo evento sia connesso in rapporto di causa ed effetto ad un danno, il Giudice Civile può intervenire affinché chi ha coscientemente e di sua volontà leso un soggetto terzo sia condannato a ripagare la persona danneggiata del torto subito. E ciò a prescindere dall’eventuale scelta o meno del soggetto leso di perseguire le vie penali, essendo l’accertamento dell’evento illecito possibile anche per mano del Giudice Civile, allo scopo però non di amministrare le pene del caso, ma di valutare an et quantum (ovvero sequanto) del risarcimento.
Il torto in questo caso si concreta nel reato di diffamazione ex art. 595 c.p., essendo gravi insulti rivolti alla vasta platea degli utenti dei Social Network per diffamare e ledere l’onore della vittima di fronte al maggior numero possibile di persone, cui applicare, secondo un condiviso orientamento della Suprema Corte le specifiche aggravanti di cui al comma terzo, ovvero equiparandola alla diffamazione aggravata a mezzo stampa, portando la pena edittale a  reclusione da sei mesi a tre anni o multa non inferiore a euro 516.
Siamo di fronte inoltre ad uno dei c.d. reati permanenti, ovvero il cui computo ai fini prescrizionali si valuta non dal momento in cui la diffamazione viene vergata, ma dall’ultimo giorno in cui questa persiste, in qualsiasi forma, sui social per essere divulgata.
Riassumendo quindi:

  1. Il web non è mai stato terra di nessuno: in passato molti utenti tendevano a “lasciar correre”. Adesso che i Social sono strumento ubiquitario in cui molti spendono il proprio nome e la propria personalità senza nascondersi dietro molteplici nicknames come accadeva in passato, è logico ritenere che i guanti di velluto siano destinati a cadere
  2. È sempre possibile rivalersi per gli insulti ricevuti, che possono concretare il grave reato di diffamazione aggravata dal mezzo, in sede penale. Il diffamatore potrà essere condannato ad una pena dai sei ai tre anni di reclusione, ovvero multa non inferiore ai 516 euro. Coi termini per la proposizione di querela che decorreranno non dalla data in cui è stato postato l’insulto, ma dall’eventuale momento della sua rimozione
  3. È possibile, parallelamente o alternativamente, rivolgersi al Giudice Civile per obbligare nell’immediato il diffamante a rimuovere gli insulti ed ottenere congruo risarcimento per il danno patito dagli stessi.

Quindi, vi raccomandiamo il fair play, e vi sconsigliamo fortemente di vergare su Facebook qualsiasi cosa non direste nella vita vera.
 

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