Ci segnalano i nostri contatti la seguente notizia, rilanciata anche dalla stampa nazionale:
La brutta vicenda inizia domenica scorsa nel tardo pomeriggio: “Dopo aver visto in tv Roma-Lazio, ero sceso a portare fuori il cane- spiega al Carlino – quando ho notato che era sparita la mia bici da 1300 euro, frutto di grandi sacrifici. Ho così sparso la voce tra amici e conoscenti e sono andato a sporgere regolarmente denuncia dai carabinieri. Sono stati proprio loro a dirmi di chiarmarli nel caso qualcuno si fosse fatto vivo per rivendermi la mia bici e di bloccarli, in attesa del loro arrivo. E così ho fatto“.
Ma la “pistola” li si è rivolta contro. Mercoledì in negozio si sono presentati tre persone per ricattarlo e chiedergli 70 euro in cambio della bicicletta. Oltre alle minacce di morte, uno di loro era anche armato con una siringa. “I miei vicini mi avevano già avvertito che dei loschi individui avevano chiesto di me. Quando li ho visti, da lontano, ho capito subito che avevano a che fare con la mia bici. Uno è entrato e, con una siringa in mano, ha iniziato a dirmi che lui non mi aveva rubato la bici, ma che se la rivolevo indietro, dovevo dargli 70 euro. Ha iniziato ad inveire contro di me in arabo. Gli altri due stavano per entrare nel locale ed io ho chiuso la porta e fatto segno ai miei vicini dalla finestra, di chiamare le forze dell’ordine. Il ragazzo tunisino è rimasto dentro ed ha continuato a minacciare me e la mia famiglia. Quando è arrivata la Polizia, ha interrogato tutti, sentito i testimoni. Poi mi hanno consegnato un foglio dove c’è scritto che io sono denunciato per sequestro di persona. Il tunisino, invece, è libero di minacciare mia moglie. Mi sento tradito da questo Stato, io che ho sempre seguito alla lettera la legge“.
A rivedere la notizia notiamo già una piccola discrepanza tra titolo e fatto: non si tratta infatti di un ladro sequestrato, ma di un autoqualificatosi “conoscente del ladro” che poi si è improvvisato, brandendo una siringa, estorsore.
L’estorsione, ricordiamo, è comunque un grave reato, e legittimo, anzi, doveroso, è denunciare un estorsore per ottenere la sua sanzione.
Il protagonista della vicenda decide comunque di trattenere l’estorsore rinchiudendolo in una stanza.
In astratto ciò basterebbe, fuori da ogni altra condizione, a concretare l’ascritto reato di sequestro di persona imputato, in quanto in base all’articolo 605cp:
Chiunque priva taluno della libertà personale è punito con la reclusione da sei mesi a otto anni.
Il concetto di libertà personale è peraltro piuttosto ampio, di talché
Tale privazione non deve necessariamente essere assoluta al punto che non è possibile l’auto liberazione del soggetto, essendo infatti sufficiente che la libertà personale venga limitata o comunque sia relativa quindi tale da non consentire un facile superamento degli ostacoli interposti.
Ai fini dell’imputazione del reato, per costante interpretazione della giurisprudenza di legittimità, parimenti è irrilevante lo scopo prefissosi dall’agente attivo della condotta, poiché
Ai fini della configurabilità del reato di sequestro di persona, non ha alcuna rilevanza lo scopo perseguito dall’agente, con la conseguenza che il fine di esercitare un preteso diritto non esclude l’elemento soggettivo del sequestro di persona che, peraltro, ricorrendone i presupposti, può concorrere con quello di esercizio arbitrario delle proprie ragioni (Cass. pen., sez. V 04-02-2000 (C.C. 15-11-1999), n. 5443 – Pres. Lacanna P – Rel. Perrone P – Pinco – P.M. (conf.) )
Senza avere ulteriore documentazione in mano è possibile pertanto solo una ricostruzione dell’avvenuto: gli inquirenti, raccolte testimonianze dei presenti, hanno riscontrato una privazione della libertà tangibile e netta dell’estorsore ed avviato un procedimento teso ad evidenziare la fattispecie in concreto.
Fattispecie che non è detto porti alla condanna del soggetto agente della condotta: dobbiamo infatti liberarci dall’idea che un processo, in questo caso, sia “una garanzia per i ladri”, bensì per tutte le parti in corso.
In giudizio potranno correttamente essere messe alla luce le ragioni di entrambe le parti, che potrebbero ad esempio comprendere la legittima difesa (laddove il soggetto agente avesse agito effettivamente per difendere se stesso ed i suoi cari dal grave ed imminente pregiudizio di un uomo armato di un contundente, quale la siringa).
Né lo scrivente né, evidentemente, gli inquirenti, sono muniti dell’abilità di dirimere eventi cui non hanno assistito, e che le indagini del caso metteranno in chiara e corrente luce, e delle quali vi terremo informati quando la stampa ne fornirà riscontro.
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