PRECISAZIONI Bimba di 9 anni stuprata abortisce. L'arcivescovo scomunica i medici – Bufale.net
Claudio ci segnala un articolo di Repubblica del 9 marzo 2009 dal titolo “Bimba di 9 anni stuprata abortisce. L’arcivescovo scomunica i medici“.
Ne riportiamo una parte:
Imbarazzo, rabbia, dolore, pietà, ma anche una sola incrollabile certezza: “Abortire è peccato. Sempre”. Queste le prime reazioni “a caldo” colte in Vaticano alla notizia che la Chiesa cattolica brasiliana ieri ha scomunicato i medici che qualche giorno fa hanno autorizzato l’aborto ad una bambina di 9 anni rimasta incinta in seguito alle violenze sessuali subite dal patrigno da quando aveva 6 anni. “E’ una tragedia grandissima, specialmente per quella povera bambina, ma la pena della scomunica andava sanzionata perché lo prevede espressamente il Codice di Diritto Canonico di fronte ad un palese caso di aborto procurato”, spiegano riservatamente alla Pontificia Accademia per la Vita.
Una posizione del tutto in linea con quanto deciso il monsignore brasiliano Josè Cardoso Sobrunho, arcivescovo di Recife, il quale, nello specificare che il provvedimento non riguarda la bambina, puntualizza che il “peccato” d’aborto ricade esclusivamente sui medici e “chi lo ha realizzato – si è augurato il presule spiegando i termini del provvedimento – si spera che, in un momento di riflessione, si pentano”. Mentre un gruppo di avvocati cattolici ha denunciato il caso alla giustizia.
Il patrigno della bambina, un uomo di 23 anni di cui non è stato dato il nome, si trova in stato d’arresto da giorni in un carcere dell’entroterra del Pernambuco, in seguito alla confessione di aver stuprato la piccola – la prima volta tre anni fa – e di aver abusato anche della sorella invalida di 14 anni. Alla bambina di 9 anni vengono attualmente somministrati medicinali per indurre un aborto farmaceutico alla gravidanza di due gemelli in seguito agli abusi, ricorda la stampa locale, che da giorni sta seguendo il caso. La vicenda della piccola ha diviso tra l’altro anche i suoi genitori, visto che il padre si è detto contro l’aborto, la madre invece a favore.
La scomunica, secondo il vescovo brasiliano, era inevitabile secondo il codice canonico della Chiesa sull’aborto. Ecco quanto riportato dall’articolo 1398:
Can. 1398 – Chi procura l’aborto ottenendo l’effetto incorre nella scomunica latae sententiae.
Troviamo conferma nei siti brasiliani come Globo, dal quale si apprende una cosa molto importante in merito alla bambina:
“Se a gravidez continuasse, o dano seria pior. O risco existiria até de morte ou de uma sequela definitiva de não poder mais engravidar”, explica o médico Olímpio Moraes.
[…]
“Há duas indicações legais no abortamento previsto em lei, que é o estupro e o risco de vida. Ela está incluída nos dois e, como médico, a gente não pode deixar que uma menina de 9 anos seja submetida a sofrimento e até a pagar com a própria vida”, rebate o médico.
In pratica, secondo i medici dovevano procedere con l’aborto altrimenti la bambina avrebbe rischiato di morire o di avere danni permanenti che le avrebbero impedito di procreare in futuro. Motivazione che non venne tenuta in considerazione da parte del vescovo brasiliano, che piuttosto tentò di dissuadere sia i medici che la famiglia della bambina. Inoltre, lo stesso vescovo dichiarò pubblicamente che era contrario all’aborto sulle bambine vittime di stupri.
Pochi giorni dopo l’arcivescovo Rino Fisichella (stretto collaboratore dell’allora Papa Benedetto XVI) pubblicò un articolo sull’Osservatore romano dal titolo “Dalla parte della bambina brasiliana” e critico in merito alla scomunica dei medici:
Carmen rappresenta una storia di quotidiana violenza e ha guadagnato le pagine dei giornali solo perché l’arcivescovo di Olinda e Recife si è affrettato a dichiarare la scomunica per i medici che l’hanno aiutata a interrompere la gravidanza. Una storia di violenza che, purtroppo, sarebbe passata inosservata, tanto si è abituati a subire ogni giorno fatti di una gravità ineguagliabile, se non fosse stato per lo scalpore e le reazioni suscitate dall’intervento del vescovo. La violenza su una donna, già grave di per sé, assume una valenza ancora più deprecabile quando a subirla è una bambina, con l’aggravante della povertà e del degrado sociale in cui vive. Non c’è linguaggio corrispondente per condannare tali episodi, e i sentimenti che ne derivano sono spesso una miscela di rabbia e di rancore che si assopiscono solo quando viene fatta realmente giustizia e la pena inflitta al delinquente di turno ha certezza di essere scontata.
Carmen doveva essere in primo luogo difesa, abbracciata, accarezzata con dolcezza per farle sentire che eravamo tutti con lei; tutti, senza distinzione alcuna. Prima di pensare alla scomunica era necessario e urgente salvaguardare la sua vita innocente e riportarla a un livello di umanità di cui noi uomini di Chiesa dovremmo essere esperti annunciatori e maestri. Così non è stato e, purtroppo, ne risente la credibilità del nostro insegnamento che appare agli occhi di tanti come insensibile, incomprensibile e privo di misericordia. È vero, Carmen portava dentro di sé altre vite innocenti come la sua, anche se frutto della violenza, e sono state soppresse; ciò, tuttavia, non basta per dare un giudizio che pesa come una mannaia.
Nel caso di Carmen si sono scontrate la vita e la morte. A causa della giovanissima età e delle condizioni di salute precarie la sua vita era in serio pericolo per la gravidanza in atto. Come agire in questi casi? Decisione ardua per il medico e per la stessa legge morale. Scelte come questa, anche se con una casistica differente, si ripetono quotidianamente nelle sale di rianimazione e la coscienza del medico si ritrova sola con se stessa nell’atto di dovere decidere cosa sia meglio fare. Nessuno, comunque, arriva a una decisione di questo genere con disinvoltura; è ingiusto e offensivo il solo pensarlo.
Il rispetto dovuto alla professionalità del medico è una regola che deve coinvolgere tutti e non può consentire di giungere a un giudizio negativo senza prima aver considerato il conflitto che si è creato nel suo intimo.
Non mancarono le critiche, tanto che 27 dei 46 membri della “pontificia accademia per la vita” scrissero una lettera a Fisichella, loro presidente, chiedendogli di correggere le “errate” posizioni da lui espresse nell’articolo. Lui rispose rifiutandosi.
L’8 giugno dello stesso anno le richieste di rettifica e chiarimento sulle posizioni della Chiesa in merito al tema dell’aborto arrivarono all’allora Papa Benedetto XVI, il quale discusse con Bertone e ordinò di pubblicare sull’Osservatore romano una dichiarazione che riconfermi come immutata la dottrina della Chiesa in materia di aborto. L’articolo dell’11 luglio 2009 dal titolo “Chiarificazione della congregazione per la dottrina della fede sull’aborto procurato” riportava quanto segue:
Recentemente sono pervenute alla Santa Sede diverse lettere, anche da parte di alte personalità della vita politica ed ecclesiale, che hanno informato sulla confusione creatasi in vari Paesi, soprattutto in America Latina, a seguito della manipolazione e strumentalizzazione di un articolo di Sua Eccellenza Monsignor Rino Fisichella, Presidente della Pontificia Accademia per la Vita, sulla triste vicenda della “bambina brasiliana”. In tale articolo, apparso su “L’Osservatore Romano” del 15 marzo 2009, si proponeva la dottrina della Chiesa, pur tenendo conto della situazione drammatica della suddetta bambina, che – come si poteva rilevare successivamente – era stata accompagnata con ogni delicatezza pastorale, in particolare dall’allora Arcivescovo di Olinda e Recife, Sua Eccellenza Monsignor José Cardoso Sobrinho. Al riguardo, la Congregazione per la Dottrina della Fede ribadisce che la dottrina della Chiesa sull’aborto provocato non è cambiata né può cambiare.
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