Si estende per oltre 2.000 chilometri su una superficie di circa 344.400 chilometri quadrati lungo la costa del Queensland, dalla città costiera di Port Douglas fino a Bundaberg, ma la Grande Barriera Corallina australiana è stata dichiarata morta dopo 25 milioni di anni. Meta sognata dai sub di tutto il mondo per ammirare il più vasto sistema corallino del mondo, con la sua variopinta fauna marina, era visibile anche dallo Spazio. Ma il processo si sbancamento ha ormai definitivamente intaccato il sistema.
Grande Barriera Corallina: il processo di sbiancamento
Già nel 2016 era scattato l’allarme tra gli studiosi e gli ambientalisti. I rilevamenti dei ricercatori della James Cook University, infatti, avevano evidenziato la situazione la situazione più grave mai registrata sulla Great barrier reef, sito inserito nel Patrimonio Mondiale dell’Umanità. A causa dell’innalzamento delle temperature del mare, si è innescato un processo chiamato di “sbiancamento” che ha provocato la perdita del colore dei coralli e l’indebolimento dell’alga che gli fornisce ossigeno e nutrienti. Il generale deperimento ha provocato la morte dell’intero ecosistema.
La spettacolare barriera era considerata il più grande essere vivente al mondo, ma in realtà era formata da milioni di minuscoli organismi. L’85% della mortalità si è verificato in un tratto di 370 miglia di barriera compresa tra la punta di Cape York e appena a nord di Lizard Island. Gli scienziati dell’Australian Institute of Marine Science dicono che ormai sembra una zona devastata dalla guerra. Una vera tragedia.
Non possiamo usare Notizia Vera perché, fortunatamente, non è stata ancora pronunciata una vera condanna a morte come enfaticamente dichiara l’articolo.
Ma non possiamo non usare il tag Precisazioni perché, effettivamente, siamo di fronte ad un paziente in condizioni di gravità.
Ma andiamo con ordine e per gradi.
Già nel 2016 la metà più a nord della Barriera Corallina era stata considerata compromessa oltre ogni possibilità di completo recupero, con le sezioni inferiori fortunatamente quasi completamente intonse.
Il New York Times tutt’ora ospita una mappa delle condizioni della Barriera Corallina, che vi offriamo in traduzione, dalla quale si evince che a sud di Cairn la situazione è ancora ottimale.
Se possiamo considerare ottimale la perdita del “solo” 50% della Barriera Corallina, comunque.
This year more bleaching is being observed in this central part of the Reef, which last year escaped widespread severe bleaching.
Quest’anno è stato osservato un maggiore sbiancamento nella parte maggiore della Barriera, che l’anno scorso evitò le maggiori conseguenze
Ripetiamo, ciò non significa che siamo di fronte ad un procedimento inevitabile: mutando le condizioni la Barriera Corallina lo sbiancamento potrebbe cessare. Addirittura la Barriera potrebbe tornare, ove non gravemente compromessa, in salute.
Semplicemente, le attuali condizioni, ove non saranno modificate, non consentono di essere ottimisti, o di riposarsi sul lassismo, sul ma tanto da Cairn in giù tutto va bene.
L’Odio di Kassovitz si apre con la seguente battuta
« Questa è la storia di un uomo che cade da un palazzo di 50 piani. Mano a mano che cadendo passa da un piano all’altro, il tizio per farsi coraggio si ripete: “Fino a qui, tutto bene. Fino a qui, tutto bene. Fino a qui, tutto bene.” Il problema non è la caduta, ma l’atterraggio. »
Ed anche qui il vero problema non è la caduta, che è ancora in corso, ma l’atterraggio che ci aspetta se non apriamo un airbag sul marciapiede.
E la caduta è derivata dal surriscaldamento globale: sostanzialmente la Barriera Corallina mal sopporta i cambiamenti di clima, ed ogni tentativo di arginare l’inquinamento locale può, in assenza di ulteriori provvedimenti, rallentare, ma non invertire la caduta stessa.
Come ci riporta il New York Times, se le temperature resteranno moderate, le sezioni danneggiate della Grande Barriera Corallina potrebbero ripopolarsi in 10-15 anni, ma, contemporaneamente, come ricorda il professor Mark Eakin, esperto della National Oceanic and Atmospheric Administration, dieci anni bastano per provocare l’estinzione di diverse specie che sui coralli basano il loro ecosistema.
Sostanzialmente, anche riuscendo ad invertire ora le condizioni che abbiamo inflitto alla Barriera Corallina, se in 10-15 le sezioni danneggiate (ma non morte) potranno tornare a nuova vita, solo le prossime generazioni potranno rivedere la Barriera Corallina bella e forte come era un tempo.
Fino all’anno scorso si diceva che, continuando le attuali condizioni, avremmo perso la Barriera Corallina in trent’anni.
Se la stessa non è ancora morta, la fine sta arrivando ad un ritmo accelerato, e trent’anni non sono più una stima credibile.
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