Il suffragio universale è una delle cose che amiamo dare per scontati. Non riusciamo più a concepire una democrazia che non lo ammetta, ed una democrazia che non si poggi su esso, anche se come vedremo la strada per rendere il suffragio universale un atto di consapevolezza è ancora da venire.
Ma esso è apparso solo, nell’orologio della storia, “da pochi minuti”. Secondo la Storia, i primi governi sono apparsi sulla Terra intorno al 4500 prima di Cristo: il suffragio universale è apparso intorno al 1900 dopo Cristo.
Per millenni sostanzialmente solo una ristretta parte della popolazione poteva votare.
Avrete sentito fino alla nausea, purtroppo anche in ambiente scolastico, l’esempio (errato) della democrazia diretta Ateniese come forma superiore perché tutti i cittadini potevano governare.
C’è chi vi ha fatto le sue fortune politiche lodando il modello Ateniese, ma in realtà in tutta Atene avevano diritto di voto solo 30.000 o 50.000 cittadini su una popolazione di 250/300.000.
Eggrazie che la maggior parte degli elettori avrebbe potuto sognare una sia pur fuggevole esperienza politica: partecipava alla vita pubblica una percentuale che andava tra il 10 ed il 20% della intera popolazione presente, composta da uomini adulti che avessero assolto l’obbligo di leva, escludendo quindi schiavi, schiavi liberati e donne (escluse anche dalla vita economica e sociale, salvo eccezioni).
Solone introdusse ad Atene la timocrazia, ovvero il diritto di elettorato attivo gradato per censo, presente anche nella civiltà dell’Antica Roma.
Per molto tempo nella storia umana il voto era censitario: elettorato attivo e passivo potevano essere gradati in base alla propria ricchezza, e il motivo di tutto questo era semplice.
Si riteneva che potesse occuparsi della “Cosa pubblica” solo qualcuno con interessi in essa e che avrebbe avuto “qualcosa da perdere” nel non farlo.
Esattamente il contrario di chi agita la “Democrazia diretta” come forma di vera democrazia, ovvero dichiarando che il vero politico non dovrebbe “avere interessi”.
Il maschio abbiente e milite esente aveva dimostrato di avere tutto l’interesse ad occuparsi dei destini dello Stato in cui aveva le sue attività: il giovane, il povero, lo schiavo, il proletario e la donna erano considerati come persone prive di qualsiasi interesse alla gestione dello Stato in quanto “senza nulla da perdere”.
Con la Rivoluzione Francese si cercò di introdurre una forma di suffragio universale maschile, ancorché abrogato dopo i pochi anni del Terrore: non sarebbe tornato fino al 1848.
Tra il 1800 e il 1900 il suffragio universale maschile si estese alle altre democrazie del mondo, anche se ad esempio in America solo con la fine della segregazione razziale si ebbe compiuto accesso al voto.
In Italia si partì col voto censitario, con elettorato passivo e attivo aperto ai soli uomini adulti alfabetizzati in grado di pagare almeno 40 lire l’anno di tasse, salvo eccezioni per residenti in determinati territori o per categorie professionali.
In seguito fu dapprima allentato e poi rimosso il limite di censo, ma conservato il limite dell’alfabetizzazione. Così facendo, in vent’anni dal 1861 in poi l’elettorato passivo fu esteso dal 2% circa della popolazione al 7% circa.
Nel 1912 fu aperto il voto anche agli analfabeti, ma solo ultratrentenni: analfabeti e alfabetizzati furono parificati solo nel 1919.
Restò per molto tempo il grande assente: il voto femminile.
Fu solo grazie a movimenti come le Suffragette, movimento partito dal Regno Unito per poi estendersi in tutto il resto delle democrazie, che alle donne fu consentito l’esercizio del voto.
La motivazione del diniego era la stessa degli ultimi millenni: alle donne veniva negata anche solo l’idea di un interesse qualificato a gestire, o votare propri rappresentanti, per gestire la “cosa pubblica”, appannaggio degli uomini riconosciuti socialmente come unica forza lavoro e interessati alla gestione.
Ci volle molto tempo e resistenze perché le suffragette riuscissero a vincere resistenze plurisecolari: il suffragio universale arrivò quindi solamente nella seconda metà del XXmo secolo.
Un nuovo problema è la consapevolezza. Il suffragio universale è davvero tale se il cittadino è libero di maturare le sue decisioni ed ha le possibilità di farlo.
Abbiamo visto di prima mano come la nuova frontiera delle interferenze straniere nel governo di uno stato sia il diluvio di fake news che pilotano e drogano il consenso: la “guerra ibrida filorussa” si è mossa spesso anche su questo vettore.
E come il voto di scambio sia ancora spesso una realtà: solo un cittadino compiutamente informato e che voti convinto di una sua decisione e non dietro promesse di regalie e/o per non violare equilibri di interesse locali sarà davvero un elettore libero.
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