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Piantare in asso o piantare in Nasso? Questione di secolo

Il grammar nazi è la figura più onnipresente e più odiata dallo stesso istituto che ritiene di rappresentare, l’Accademia della Crusca. Sempre pronto a battibeccare, araldo della lingua Italiana e difensore della purezza della stessa, si ritrova sovente bacchettato da chi la lingua la studia davvero, in quanto essa è materia viva ed in evoluzione.

Piantare in asso o piantare in Nasso? Questione di secolo

Potete quindi dire a chiunque cercherà di bacchettarvi perché “Non si dice piantare in asso, ma piantare in Nasso, ignorante!” che gli ignoranti sono loro. Nel senso che bene gli farebbe studiare l’Accademia della Crusca.

Piantare in asso o piantare in Nasso? Questione di secolo

Un lungo discorso accademico che cercheremo di riassumere in una forma breve che vi consenta di sbatterla in faccia al grammar nazi di turno porta infatti alla seguente conclusione

“lasciare in Nasso e lasciare in asso convivono da secoli nell’italiano e né l’una né l’altra forma possono oggi essere considerate errate. Ancora non siamo in grado di stabilire con certezza quale sia la vera origine del modo di dire, sebbene gli strumenti moderni sembrino prediligere la variante in asso, oggi più comune, mettendo spesso fortemente in dubbio la derivazione mitologica che avrebbe dato vita a lasciare in Nasso.”

Spoiler: non solo quindi lasciare in Nasso è la forma più arcaica e lasciare in asso la più moderna e vitale, ma ci sono dubbi anche sulla derivazione mitologica reale della prima.

Rileggendo il trattato degli Accademici, avrete modo di spiegare al grammar nazi di turno che usando “piantare in asso” siete in eccellente e duratura compagnia, come il fiorentino fiorentino Agnolo Firenzuola nella “Commedia dei Lucidi” del 1543 (“che lasciarono la povera Signora in asso senza rendergli niente”) e il drammaturgo Giovanni Verga in  La coda del diavolo, pubblicata in Primavera e altri racconti nel 1876 (“È padrona di staccarvi dal braccio di un amico, di farvi piantare in asso la moglie o l’amante”), con altre apparizioni pre-Italiane che si attestano al 1300 e dintorni.

L’origine in questo caso risale al gioco dei dadi e delle carte, ed è affine a dichiarare “un asso” un gran campione, usandolo come sinonimo di essere “il numero uno”.

Piantare in asso sarebbe un modo per dire “lasciare da solo”, ovvero “lasciare come un numero uno”.

Piantare in Nasso appare in testi secenteschi e settecenteschi, legata alle origini del mito di Arianna a Nasso e identificando il “nasso” come una rete, probabilmente sciolta per diventare il “filo di Arianna”, come detto da Gilles Mènage, detto il Menagio, autore delle Origini della lingua italiana (1669).

Già nel ‘600 la teoria del “nasso come origine del filo” era sconfessata come una improbabile curiosità e la teoria dell’Isola di Nasso coesistente e secondaria rispetto al piantare in asso.

A difesa del moderno grammar nazi, dizionari e raccolte moderni, dagli anni ’90 in poi, riportano “Nasso”, dando una nuova spinta alla teoria definita però dagli storici una “etimologia popolare” o paretimologia (o paraetimologia, a seconda di quanto vogliate triggerare il grammar nazi citato), un’etimologia improvvisata e nata dal “basso” senza controlli approfonditi, cosa che rende disputata la versione “corretta”.

Possiamo quindi considerare entrambe le ipotesi egualmente corrette, ma l’asso più comune.

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