Editoriale

Perché non bisogna demonizzare Bottega Veneta e la commessa

La storia la conoscete, e perché non bisogna demonizzare Bottega Veneta e la commessa stimolerà l’aggressività di molti. Aggressività che abbiamo visto dopo un video pubblicato su Twitter che non vi mostreremo.

Video che contiene una commessa ripresa contro la sua volontà (nei primi secondi dichiara “Non inquadratemi il volto: solo audio” e il suo volto è finito in pasto alla Rete comunque) che dichiara di “non poter provvedere alla vendita verso cittadini russi”.

Il cameraman, in lingua inglese, incalza chiedendo se venderebbero “a un amico di Firenze col passaporto italiano e poi lo indossassi io”. La commessa risponde di sì.

Da questo è nato un hashtag con boicottaggio verso Bottega Veneta e accuse alla commessa (della quale abbiamo visto il volto, riconoscibile nonostante la mascherina, e sappiamo anche la filiale dove lavora. Entrambi dati che non vi forniremo di nuovo).

Perché non bisogna demonizzare Bottega Veneta e la commessa: l’articolo 3 nonies del Regolamento 427/2022

Effettivamente le direttive ricevute dalla commessa sono compatibili con l’interpretazione del Regolamento 427/2022. Per essere precisi, il Regolamento di Esecuzione UE del 15 marzo, 427/2022 che introduce restrizioni alla vendita, fornitura, trasferimento ed esportazione diretta o indiretta di beni di lusso il cui valore è superiore a 300 euro per articolo, salvo diversa indicazione.

Parliamo di Bottega Veneta, importante brand del lusso nel quale in tutto il listino a 300 euro probabilmente troverete solamente gli occhiali da sole, e di pochissimo.

Gli articoli di Pelletteria, selleria, articoli da viaggio, borsette e articoli simili di alta qualità e Cappotti, giacche o altri indumenti, accessori di abbigliamento e calzature (indipendentemente dal materiale) sono espressamente indicati tra i beni di lusso di cui all’articolo 3 nonies citato.

La commessa si è quindi trovata da sola dinanzi a direttive che lei adduce ricevute che trovano la giustificazione nell’interpretazione della norma.

Si è trovata sostanzialmente a dover interpretare una norma recentissima, cosa che ha messo in crisi governi e amministrazioni locali (vedi Kaliningrad) ritrovandosi direttamente accusata di razzismo.

Questo a parte le ulteriori incertezze sull’acquisto tax free, ovviamente reso problematico e che aggiunge problema a problema.

Ancora una volta, prima di parlare di “catena razzista” dovremmo leggere la norma.

E alla luce del citato articolo per cui

Articolo 3 nonies
1. È vietato vendere, fornire, trasferire o esportare, direttamente o indirettamente, i beni di lusso elencati nell’allegato XVIII a qualsiasi persona fisica o giuridica, entità od organismo in Russia, o per un uso in Russia.
2. Il divieto di cui al paragrafo 1 si applica ai beni di lusso elencati nell’allegato XVIII nella misura in cui il loro valore sia superiore a 300 EUR per articolo, salvo diversamente specificato nell’allegato.
3. Il divieto di cui al paragrafo 1 non si applica a beni che sono necessari a scopi ufficiali di missioni diplomatiche o consolari degli Stati membri o dei paesi partner in Russia o di organizzazioni internazionali che godono di immunità conformemente al diritto internazionale o agli effetti personali del loro personale.».

Chiederci se piuttosto non abbiamo lasciato gli esercenti da soli ad interpretare ed applicare la norma.

Esattamente come accadde durante l’applicazione del Green Pass.

La commessa ha errato? Ha interpretato correttamente la norma alla base di quanto dettole? Non sta a noi dirlo, anche se in quanto fact checker non possiamo che riscontrare i fatti: esiste un divieto di vendita di beni di lusso compatibile con quanto asserito dalla commessa.

Se ha errato in qualcosa, lo si potrà valutare: ma non con boicottaggi social e le sentenze Twitter in tasca.

Al momento in cui scriviamo questo articolo Bottega Veneta non ha risposto alle polemiche sortite dal “boicottaggio social”.

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