Perché Influencer e TikTokers che riprendono la gente sono un problema: è una bella domanda a cui Il Post, uno dei giornali che più rispettiamo, ha dato una bella risposta
Ma partiamo dalle basi: ovvero il “format” che sta prendendo piede sui social “brevi”, come Instagram e TikTok.
Parliamo di quel genere di video parodiati dal dentista-“antiinfluencer” americano Brad Podray, detto “Scumbag Dad” (“Papà bastardo”): video nati in America in cui l’influencer di turno insegue in una sorta di safari acchiappaclick persone a caso per i motivi più bizzarri.
Interviste improvvisate spesso con temi imbarazzanti, richieste di elemosine che si concludono con le persone più egoiste vilificate in video e le persone “donatrici” ricompensate pubblicamente, “gesti di affetto” che tracimano nell’imbarazzo e nella molestia.
Il tutto fa brodo e visual. E nel sistema giuridico americano la cosa ha le sue complessità da studiare.
Diverso è il problema dei “tiktok di importazione”. I TikTokers che riprendono la gente dimenticano sostanzialmente che, secondo la legge italiana e il GDPR tu puoi filmare chiunque vuoi ma non puoi mostrarlo ad anima viva.
Quantomeno, non senza una liberatoria o senza una buona ragione per farlo. Buona ragione che esclude “E ma io devo fare questo TikTok per le visualizzazioni”.
«L’immagine del volto o del corpo di qualcuno in sé può contenere più di un dato personale sensibile, che ai sensi del GDPR va trattato con particolare cautela. Uno dei trattamenti dei dati più invasivi che ci siano è la sua diffusione, come la pubblicazione sui social network: c’è quindi tutta una serie di regole che non vengono rispettate nel momento in cui pubblico sul mio profilo social il video di un altro soggetto senza avere il suo consenso», spiega l’avvocato Carlo Blengino, specializzato nel diritto penale legato alle nuove tecnologie ai microfoni di Il Post.
Posso quindi scattare delle foto alla città senza paura di doverle cancellare se dovessi riprendere dei soggetti, ma sapendo che quelle foto saranno viste da me solo, al massimo dai miei parenti di ritorno dalle ferie.
Non posso assolutamente inventarmi un formato di “interviste” anche umilianti, filmare persone e spararle su TikTok.
Dei rischi ci siamo occupati anche noi. Ad esempio il caso delle “fettine di vitello”, quando un soggetto decise di pubblicare sui social il video di una donna in visibile stato di alterazione rendendola oggetto dell’umiliazione del Popolo della Rete.
Umiliazione aggravata dal fatto che nei commenti alla notizia, in uno scoppio di voyeurismo e ignoranza, abbiamo avuto persone a lamentarsi sentendosi “criticate” e deprivate del loro presunto “diritto” ad umiliare qualcuno ripreso online.
Situazione che non è certo unica: recentemente in Inghilterra un ultrasessantenne si è riconosciuto in un video, ritratto senza il suo consenso mentre ballava una goffa danza in un night club, sentendosi umiliato dalle morbose attenzioni e dagli insulti di centinaia di sconosciuti.
Fortunatamente abbiamo in Europa il GDPR: fermare la moda degli “influencer fai da te” che puntano il cellulare in faccia a sconosciuti è facile quanto scrivergli con diffida alla rimozione immediata del video, paventando le vie legali in caso contrario con valutazione di ogni danno patito e segnalazione immediata alla privacy.
Intanto i danni causati restano: un video, anche se pubblicato per poco, può avere conseguenze permanenti.
L’idea che un pugno di likes o che per “divertimento” si possa impossessarsi della vita altrui è una conseguenza ancora più grave.
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