Proviamo a raccontare cosa sta succedendo in Yemen, una situazione tanto ingarbugliata quanto dimenticata da noi occidentali.
Iniziamo citando qualche dato.
Le Nazioni Unite affermano che la guerra in Yemen ha causato la peggiore crisi umanitaria del mondo del secolo.
Fino alla fine del 2021, secondo le Nazioni Unite, il conflitto ha provocato la morte di 377 mila persone, e dall’inizio degli scontri 24.600 attacchi aerei hanno distrutto il 40% delle abitazioni in tutte le città del Paese. La guerra ha costretto oltre 4 milioni di persone (tra cui più di 2,4 milioni di bambini) a lasciare le proprie case in cerca di salvezza (la popolazione totale dello Yemen conta 30 milioni di persone).
Purtroppo, data la posizione geografica dello Yemen, pochissimi hanno potuto cercare riparo oltre i confini: oltre 1 milione di persone al momento si trovano nel governatorato di Marib, al centro del Paese, dove si contano circa 150 campi profughi, tra ufficiali e informali.
Nel Paese il 75% della popolazione dipende dagli aiuti internazionali per sopravvivere, erogati in forme diverse. Aiuti urgenti servono in ambito sanitario: dal 2015 si è sviluppata una grave epidemia di colera ed è confermato che circa la metà degli ospedali sono stati distrutti.
La ONG Oxfam afferma che entro la fine dell’anno potrebbero diventare 19 milioni gli yemeniti a soffrire problemi di malnutrizione (ossia il 62% della popolazione).
Ma cos’è oggi il conflitto che continua a divampare in Yemen? Si tratta letteralmente di una guerra per procura, dove diversi stati e fazioni si fronteggiano per il controllo del territorio e delle risorse del Paese, tutto questo a scapito della popolazione civile.
Complicate vicende hanno portato alla situazione degli schieramenti attuali ma al momento possiamo semplificare dicendo che la fazione arabo sunnita, alle cui spalle c’è lo stato dell’Arabia Saudita che sostiene il presidente Hadi, è in lotta contro la fazione sciita sostenuta dal governo dell’Iran, che a sua volta arma i ribelli Huthi.
Si tratta di un conflitto dove le ragioni iniziali si perdono e si confondono in una spirale di interessi e contraddizioni che hanno portato alla confusione e alle molte ambiguità di questa guerra.
Già nell’Ottocento lo Yemen si rivelò molto importante a livello geografico e strategico in quanto permette l’accesso marittimo tra il Mediterraneo e gli oceani del sud-est asiatico.
Per questo l’impero britannico colonizzò la Costa sud del Paese stabilendoci alcune basi, prendendo così il controllo dello stretto di Bab El-Mandeb e lasciando la parte nord del Paese sotto controllo dell’allora impero Ottomano.
Tra gli anni sessanta e settanta del Novecento un gruppo militare di nazionalisti sostituti del presidente egiziano Nasser compì un colpo di stato e questo improvviso sconvolgimento portò all’abbandono degli inglesi dal Paese e si giunse all’instaurazione di un Repubblica socialista nelle regioni del sud.
Contemporaneamente nella parte nord del Paese salì al potere un governo dittatoriale (formalmente, la Repubblica araba dello Yemen) guidato dal presidente Saleh, che tramite alcune macchinazioni riuscì a promuovere l’unificazione delle due parti del Paese: la parte nord con la parte sud, che è anche la più ricca di risorse.
La parte sud, vistasi usurpare il potere dal governo dittatoriale della parte nord, scatenò allora una lunga e sanguinosa guerra civile, presa in mano nel 2004 da Hussein Al-Houthi (che intesseva ottimi rapporti con l’Iran dell’Ayatollah Alì Khamenei e non vedeva di buon occhio l’influenza della vicina Arabia Saudita nel governo dello Yemen del nord), accusando quindi Saleh di alto tradimento nei confronti del popolo yemenita.
Tutto è precipitato ulteriormente nel 2011 quando a seguito delle cosiddette rivolte della Primavera Araba, Saleh si dimise lasciando il posto al suo vice Hadi, che tentò di proporre un accordo alla fazione degli Houthi, nel tentativo di pacificare il Paese concedendo loro maggior potere e spazio nel governo.
Gli Houthi però si mostrarono insoddisfatti delle concessioni e nel 2015 tentarono un colpo di stato per deporre Hadi, arrivando a prendere la capitale Sanaa.
Tutto questo accade nel quadro di una delle più gravi crisi di povertà del Paese, che già era proprio il più povero di tutto il mondo arabo.
In questa situazione decide di entrare in gioco il dittatore Saudita Mohammad bin Salman che per evitare una degenerazione dello Yemen in una nazione ingovernabile, che avrebbe gravemente danneggiato gli affari di export di petrolio dell’Arabia Saudita, interviene militarmente con l’obiettivo di bloccare la fazione degli Houthi tramite attacchi militari di terra ma soprattutto tramite attacchi via aerea e pesanti bombardamenti.
A complicare ulteriormente questo quadro emerge una nuova organizzazione terroristica di matrice islamica chiamata Aqap (Al Quaeda nella penisola arabica) che convinse anche gli Stati Uniti del presidente Trump a partecipare ai bombardamenti prendendo di mira diverse posizioni sia di Aqap e sia dei ribelli Houthi, in nome della lotta al terrorismo islamico.
Osservando questo conflitto molti Paesi occidentali hanno nel tempo lucrato tramite la vendita di armi e munizioni tra cui, oltre agli Stati Uniti, anche il Regno Unito e la stessa Italia, tutto questo in un silenzio pressoché generale dell’opinione pubblica.
Vengono inoltre perpetrate diverse stragi di civili, anche con l’utilizzo di diversi armamenti vietati dalle convenzioni internazionali, tra cui bombe a grappolo, mine antiuomo e agenti chimici.
Il nuovo presidente americano Biden ha di recente annunciato di voler rivalutare l’accordo bellico con i sauditi e quindi il proprio coinvolgimento nella guerra nello Yemen, ma al momento non ha ancora preso passi concreti in merito.
Ora, dopo più di 7 anni di conflitto, a tutte le parti in causa è evidente che nessuno potrà mai raggiungere una vittoria completa.
In opposizione a questo nemmeno le parti in conflitto sarebbero in grado di sostenersi politicamente e militarmente da sole, per questo le prospettive future sono ancora disastrose in quanto lo stesso popolo yemenita sta patendo sofferenze indicibili senza le primarie condizioni di base della vita: nel Paese manca l’acqua, non c’è praticamente l’elettricità e sono scoppiate varie epidemia di colera.
È solo grazie a molti aiuti umanitari internazionali che la popolazione yemenita sta cercando faticosamente di sopravvivere.
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