Editoriale

Per i servizi russi una donna Ucraina ha ucciso Darya Dugina: narrazioni a confronto

Per i servizi russi una donna Ucraina ha ucciso Darya Dugina, e perdipiù del battaglione Azov. Una quadratura del cerchio assoluta, l’esito di indagini dalla rapidità sospetta che più che rendere più chiaro il quadro lo complicano.

Al momento infatti ci sono tre o quattro narrazioni per il medesimo evento, ed ognuna cronologicamente più ricca dell’altra e pronta ad aggiungere elementi.

Partiamo dal fatto in sé, che ormai anche i sassi conoscono. Darya Dugina, figlia di quel Dugin ideologo della “Quarta Teoria Politica”, un ucronico desiderio di rivincita zarista che vede una nuova restaurazione sovietica unire Europa e Russia contro il Capitalismo per tornare ad un magico mondo di capre magiche e orsi mangiatori di lamponi nemico dell’Occidente nazicapitalista, è morta.

Ed è morta va detto in modo terribile: nella deflagrazione della sua macchina, di proprietà del padre, con la quale tornava da un convegno.

Fatta a pezzi sotto gli occhi del genitore accorso a vederne il cadavere straziato.

Da questo punto in poi ci sono state almeno quattro ricostruzioni di cui tre principali.

Più narrazioni per lo stesso evento

Nella prima narrazione, che poi sarebbe diventato il seme della quarta, ovviamente il bersaglio era Dugin, e non meglio precisati terroristi Ucraini avrebbero colpito per sbaglio la figlia per arrivare al presunto ideologo del Cremlino.

Qualifica, invero molto esagerata: per quanto elementi della “Quarta Teoria Politica” siano alla base del Putinismo, Dugin ha un’influenza alquanto marginale, essendo troppo estremo e “imprensentabile” persino per gli standard dell'”operazione di denazificazione”.

La narrazione di Kiev, tutt’ora, continua a dichiararsi estranea all’occorso, ribadendo che quanto è avvenuto è lontano anni luce dai metodi e dai mezzi dell’Ucraina.

Una terza narrazione introduce la fronda di oppositori interni a Putin, un gruppo di partigiani russi a cui ha dato voce il dissidente Il’ja Ponomarëv.

Secondo Ponomarëv infatti i dissidenti avrebbero un loro preciso manifesto e la morte della Dugina sarebbe il loro guanto di sfida per dimostrare che se nel Putinismo ad alcuni sono destinate “ricchezze e palazzi” e al popolo “povertà e bare”, il popolo porterà la morte tra le persone anche solo percepite come vicine a Putin.

Ma la quarta narrazione, evoluzione della prima, si tinge dei profili di una spy story e incorpora in se stessa tutte le narrazioni dell'”Operazione speciale di denazificazione” in una.

Per i servizi russi una donna Ucraina ha ucciso Darya Dugina: narrazioni a confronto

Entra ora in scena Natalia Vovk, donna identificata a tempo di Record, golem di tutti i terrori e orrori della Russia.

Una astutissima Mata Hari, secondo la ricostruzione, che insieme è donna, ucraina e membro di quel Battaglione Azov che abbiamo imparato a riconoscere nella Cosmogonia Russia come un’incarnazione satanica onnipotente.

Un “Azov di Shroedinger”, che in un momento sono dei “miserabili nazisti destinati alla sconfitta“, nel momento successivo sono terrificanti mutanti invincibili che respingono i proiettili e distruggono carri armati a mani nude, malvage entità sataniche in grado di usare “la magia nera nazigay di Hollywood” per rendere le loro armi invincibili e distruggere la “magia bianca” degli Sciamani Russi.

Se la Russia della “Quarta Teoria Politica”, del Patriarca Kirill e di Putin è una paradisiaca terra dei Giusti retta dal Marxismo, dalla Fede Ortodossa e dalla Purezza Sciamanica, Azov è un Satana, anzi un insieme di malefici satanelli guidati dal Capitalismo, dal Satanismo e dai vaccini.

In questa ricostruzione, accolta dagli ucraini con malcelata ironia, l’astuta Natalia sarebbe entrata dal confine Estone con la figlia dodicenne a bordo di una Mini Cooper con le targhe removibili (come l’Aston Martin di James Bond, ma sicuramente più ecologica).

Accantonata la teoria dell’errore di persona, secondo le indagini russe, che curiosamente si spingono a dichiarare di aver identificato i movimenti di una Natalia Vovk che però sarebbe riuscita a fare quello che voleva, l’obiettivo della novella Vedova Nera era proprio la Dugina.

Non un errore di persona: Natalia Dugina in persona. Cosa che ovviamente postula aver seguito tutti i suoi movimenti per giorni senza alcuna possibilità per le autorità russe di intervenire o fermarla, averne minato la macchina e aver seguito i suoi movimenti a distanza tale da poter innescare un detonatore a distanza.

Probabilmente per vendetta verso le idee antiUcraine della stessa, invero affini a quelle del padre e molti Falchi Russi.

Tale narrazione è sia perfetta che imperfetta.

I problemi e i punti di forza della narrazione

Riesuma l’immagine del “guerriero di Azov” come una specie di Avenger mandato da Nick Fury in persona. Invincibile, mutante, dotato di superpoteri che sfuggono ad ogni immaginazione, implacabile, inarrestabile e indistruttibile.

Un nemico perfetto per giustificare ogni atrocità: se gli Ucraini sono in grado di generare dei veri e propri “mostri” in grado di ogni cosa, comprese donne guerriere con figlia dodicenne al seguito in grado di superare posti di blocco, uccidere impunemente in casa di Putin e sparire verso l’Estonia, allora la “denazificazione” diventa necessaria.

Ma come in tutte le narrazioni dove il cattivo viene dipinto come un’entità quasi sovrannaturale, se non del tutto sovrannaturale, i buoni si autodescrivono come impotenti e in balia del destino.

Era certo che la Russia avrebbe indagato sul coinvolgimento Ucraino, era certo che ne avrebbe sposato la teoria.

Teoria che consente di allargare i confini spaziali e temporali del campo di battaglia. La Russia combatterà finché si sentirà minacciata, portando la guerra ai confini di chi ha “aiutato Azov”.

Era certo inoltre che non avrebbe abbandonato così presto la narrazione degli invincibili Azov, pronti a colpire come il fulmine, sparire come il vento, implacabili e inarrestabili.

Ma questa narrazione, oggi, non descrive la Russia tutta come una nazione in balia di un nemico sovrannaturale contro il quale gli stessi 007 Russi, gli stessi apparati di sicurezza, lo stesso esercito e gli stessi oligarchi non possono che guardare impotenti il prossimo “Fantasma di Kiev” apparire, compiere le sue azioni nefande e scomparire?

AGGIORNAMENTO: Sul documento di Natalia Vovk

Con la diffusione del presunto documento della superspia di Azov sono emersi ulteriori documenti che rendono la narrazione filorussa ancora più confusa, corroborando l’idea di una narrazione di parte.

Il battaglione Azov infatti non aveva donne nei suoi ranghi e indossa un’uniforme difforme da quella del Battaglione Azov.

La foto mostra una donna nell’uniforme della Guardia Nazionale Ucraina, della quale il Battaglione Azov è parte ma non ne è la totalità.

Secondo la Guardia Nazionale Ucraina siamo quindi di fronte ad una mistificazione, secondo la computer Forensic anche ritoccata elettronicamente: oltrettutto ad Azov non risultano schierate donne.

Tutto questo incrementa i dubbi.

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