Precisazioni

Pasta Divella senza grano italiano ed ora non può importarlo dall’Est: passo indietro dell’accusa

Evitare di diffondere fake news dovrebbe essere un dovere per chi gestisce community sui social, ma fare passi indietro, come quello al quale abbiamo assistito in queste ore in merito alla pasta Divella e alla storia del grano italiano è quantomeno apprezzabile. L’azienda, infatti, è stata nuovamente accusata di realizzare i propri prodotti con grano importato dall’Est, nonostante alcune settimane fa abbiamo già chiarito la questione. Come? Circoscrivendo la questione a linee molto specifiche.

Ritirate le accuse su pasta Divella senza grano italiano, senza poterlo importare dall’Est

Come sono andate le cose? Di recente alcune pagine Facebook hanno accusato l’azienda di realizzare la pasta Divella senza grano italiano, al punto di trovarsi in grande difficoltà in questo complicato momento storico. Il motivo? Il produttore allo stato attuale non sarebbe nelle condizioni di importarlo dall’Est. La stessa accusa, però, è stata ritirata con un ulteriore post sul tema apparso in rete proprio in questi giorni:

Abbiamo pubblicato un’immagine trovata in rete che lasciasse intendere che il gruppo Divella affermi di utilizzare il 100% di grano italiano su tutti i suoi prodotti per poi dichiarare problemi di importazione di grano dall’Est. In una recente intervista il gruppo Divella ha specificato di utilizzare il 100% di grano italiano solo per la linea integrale. Siamo contro le fake news e per questo abbiamo rimosso l’immagine incriminata in modo immediato. Ci scusiamo con la nostra utenza e con il gruppo Divella“.

Certo, sarebbe il caso di sbilanciarsi con le accuse solo quando alcune notizie vengono verificate, evitando di sollevare un polverone. Se non altro, perché gli utenti che hanno letto il post originale sulla pasta Divella realizzata senza grano italiano saranno sicuramente di più rispetto a quelli che si imbatteranno nelle scuse. Detto questo, va comunque apprezzata la presa di coscienza sul fatto di aver alimentato una fake news lesiva della reputazione di chi svolge con trasparenza le proprie mansioni lavorative.

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