Operazione Fake Pass, quattro indagati, canali sospesi e clienti in identificazione
L’Operazione Operazione Fake Pass pone, dal punto di vista legale, la parola fine sulla saga dei Green Pass falsi che noi abbiamo imparato a conoscere.
La storia fino a questo momento la conoscete: l’occasione fa l’uomo ladro e la domanda crea l’offerta. Alla domanda di alcuni “nopass” di ottenere un documento falso per eludere le prescrizioni di legge si sono fatti avanti numerosi gruppi Telegram con anonimi pronti a fornire documenti falsi.
Nonostante sia fatto noto che è praticamente impossibile produrre un Green Pass falso in grado di superare l’esame dei fatti alcuni individui sono riusciti a millantare la loro abilità convincendo un ingente numero di richiedenti a conferire loro documenti di identità e tessere sanitarie.
Per poi omettere di inviare i Green Pass falsi, ed anzi estorcere agli utenti che già pregustavano il documento falso altri 350 Euro per non rendere pubbliche le loro azioni e non vendere i documenti sul Deep Web.
La storia finirebbe anche qui, se non fosse che abbiamo risvolti
Operazione Fake Pass, quattro indagati, canali sospesi e clienti in identificazione
Nonostante anche sulla nostra pagina, probabilmente nel tentativo di trovare pace mentale e catarsi, molti aderenti alle teorie del complotto abbiano negato la veridicità della nostra analisi, ecco che l’esito stesso ne diventa prova. Divulgata dalla Polizia Postale (e provate a negare ora…)
Polizia Postale dalla quale scopriamo che ci sono quattro identificati, di cui due minorenni, alle spalle dei gruppi telegram che hanno turlupinato e ricattatato gli aspiranti possessori di “Fake Pass”.
Il tutto grazie ai Compartimenti di Milano e Bari, con il coordinamento delle Procure della Repubblica presso i Tribunali di Roma, Milano e dei minorenni di Bari.
Minorenni che, nonostante la loro giovane età, hanno agito al pari degli adulti con la freddezza di un moderno Frank Abagnale Jr., il truffatore seriale descritto nel film “Prova a prendermi” con Leonardo di Caprio, riuscendo (fino alla provvidenziale azione della Polizia Postale) a ingannare, truffare e ricattare la clientela.
Tra le millanterie, vere o presunte che siano lo decideranno le indagini, i quattro identificati dichiaravano di avere nella loro organizzazione una fantomatica “dottoressa” che avrebbe provveduto a simulare la vaccinazione per registrarla nel sistema informatico.
Se Sparta piange, Atene non ride: i quattro identificati, oltre tutti i “venditori” che saranno identificati prossimamente nei 32 gruppi sequestrati dalle autorità rischiano grosso, ma anche i loro sventurati utenti.
Gli utenti, che hanno pagato spesso in Bitcoin e buoni sconto Amazon rivenduti ad ignari utenti sulla rete (che ora rischiano, quantomeno, di incorrere nell’incauto acquisto…) infatti potranno a loro volta vedersi accusati di ricettazione e truffa.
E questo per loro sarebbe l’esito migliore.
In un ulteriore scenario assai probabile, i venditori di fake pass infatti potrebbero già aver provveduto a rivendere i loro dati personali sul Deep Web, rendendoli perfetti prestanome per ogni attività criminale, anche di elevata caratura, condannandoli potenzialmente ad una vita di furti di identità e indagini ogni qualvolta che, per esempio, un criminale dovesse decidere di usare la sua identità per comprare droghe, materiale pedopornografico e merci illegali.
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