Omicidio Luca Sacchi: Sanzioni alla stampa
L’omicidio di Luca Sacchi, tutt’ora oggetto di indagini ed attenzione giornalistica, non è destinato a lasciare strascichi solo per l’estrema complessità della indagini. Ma anche per le reazioni che ha suscitato nel Garante della Privacy e relative sanzioni alla stampa. Certamente legate al clima in cui viviamo.
La vicenda di Luca Sacchi la conoscete: non vi torneremo.
C’è un uomo che è morto, una fidanzata che ne piange il cadavere, due indagati ed una storia assai complessa ancora da dipanare. Vi avevamo assicurato all’epoca che al contrario di molti non ci saremmo affrettati a cavar fuori “agenzie” e “notizie” e non rinneghiamo quanto detto.
Aspetteremo la magistratura. Siamo cittadini modello: quando parla la Magistratura, ascoltiamo. E quando la Magistratura lavora, qui si tace.
Ma il problema nasce da un’altra cosa che noi non facemmo, e purtroppo molti hanno fatto.
Sanzioni alla Stampa: le foto degli indagati
Esattamente come accadde per il caso della morte di Cerciello Rega, partì la corsa alle foto degli indagati. È una semplice questione di domanda ed offerta, purtroppo: se il pubblico vuole, anzi esige le foto, se il pubblico ha sete di quel genere di “giustizia” che diventa forcaiolo giustizialismo, allora diventa semplice e normale dare le foto dell’imputato.
Ammanettato, umiliato, trascinato in ceppi inanzi a commenti del calibro di
uccidetelo
Sparare in testa e morte
Dategli le mazzate di paura in prigione, così confessa prima!
Tutte cose che in entrambi i casi sulla nostra pagina sono state cancellate.
Ci avevete dato dei buonisti, degli “amici degli assassini”, ci avete mandato gli amiconi del bannato in posta a minacciarci. Ma avevamo ragione.
Perché sapete, pare in uno stato civile non spetti a voi spargere le foto dei colpevoli per un vostro feticismo da giustizialisti.
Esiste una piccola, povera cosa chiamata Deontologia del Giornalista.
Codice di Deontologia del Giornalismo all’articolo 8 disciplina
(Tutela della dignità delle persone)
1. Salva l’essenzialità dell’informazione, il giornalista non fornisce notizie o pubblica immagini o fotografie di soggetti coinvolti in fatti di cronaca lesive della dignità della persona, né si sofferma su dettagli di violenza, a meno che ravvisi la rilevanza sociale della notizia o dell’immagine.
Pare che il Garante della Privacy abbia deciso che non rientra nella rilevanza sociale il diritto degli indinniati da tastiera ad avere un volto contro cui puntare il loro ditino
Che la vita non funziona come nel noto film con Al Pacino Scarface
Che avete da guardare? Siete solo una manica di coglioni. Sapete perché? Perché non avete il fegato per stare dove vorreste stare. Voi avete bisogno di gente come me. Vi serve la gente come me, così potete puntare il vostro dito del ca**o e dire Quello è un uomo cattivo. Beh? E dopo come vi sentite, buoni? Voi non siete buoni. Sapete solo nascondervi, solo dire bugie. Io non ho questo problema. Io dico sempre la verità, anche quando dico le bugie. Coraggio, augurate la buona notte al cattivo, coraggio. È l’ultima volta che lo vedete un cattivo come me, ve lo dico io. Forza, fate passare l’uomo cattivo. Attenti sta arrivando il cattivo!
Diceva Scarface, narcotrafficante e criminale, indubbiamente cattivo, rintuzzando e sfidando il Voyeurismo dei giusti.
Voyeurismo che, abbiamo scoperto, costa.
Una salva di provvedimenti diretti alle principali agenzie di stampa hanno imposto limitazioni alla diffusione delle foto degli imputati, impedendo, come da legge, che vengano ulteriormente esposte alla curiosità del pubblico, con effetto immediato e valutando successive sanzioni.
Questo articolo non contiene infatti foto del qualsivoglia essere umano (Al Pacino a parte).
Abbiamo scelto di non usarne, per ribellarci, in questo modo, a quella tirannia del voyeurismo nella quale anche voi avete cercato di trascinarci.
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