“Omar Sy è un Lupin nero” è esattamente quel genere di titolo per cui abbiamo introdotto la rubrica “clickbait” o “Acchiappaclick”.
Un titolo che colpisce duro i temi caldi del momento e poi nell’articolo non trovi niente di quello che ti ha preso nelle emozioni profonde, se non con voli pindarici e una fortissima sospensione dell’incredulità.
Partiamo quindi dalla combo di acchiappaclick: in un mondo dove, purtroppo, la “cancel culture” ha sdoganato ogni atteggiamento deteriore, vederne i prodomi ovunque suscita ogni discussione anche rabbiosa.
Anzi, la discussione si incancrenisce in un muro contro muro, una lotta tra i “puristi della cultura” e i “woke politicamente corretti” che ci rubano anche i ladri gentiluomini.
Capita così una doppietta inedita.
Un titolo:
“Omar Sy è un Lupin nero. La storia stravolta dal politicamente corretto”
Rinforzato da un lancio Social
“Il Lupin Nero di Omar Sy”
E ulteriormente rafforzato da un sottopancia che solletica la discussione, anche quella più rancorosa
“L’attore protagonista della nuova serie di Netflix. Dal whitewashing al blackwashing: ovvero mettere sullo schermo personaggi che storicamente dovrebbero essere bianchi”
Problema: il “blackwashing” implicherebbe prendere un personaggio chiaramente bianco, per ragioni narrative bianco e farne un personaggio di colore.
Ma non è quello che accade nella storia, e che nella descrizione della stessa nell’articolo il recensore deve ammettere accada.
In “Lupin” la storia non parla di Lupin, ma di un avido lettore dei Romanzi di Maurice Leblanc che decide di vivere la sua fantasia escapista trasformandola in vendetta.
Il giovane Assane Diop è infatti rimasto orfano in tenera età, quando il padre è stato accusato di un furto da lui mai commesso e, ispirato dai romanzi dell’amato Lupin decide di vendicarsi degli accusatori del padre.
E sin qui non siamo di fronte ad alcun “Lupin nero”, se non in senso molto lato.
Non si parla di blackwashing e di storia stravolta: la storia è quella di un avido lettore dei romanzi di Leblanc che scopre nella letteratura catarsi e ispirazione per la sua vita che si aggrappa ad un ricordo di infanzia per riscattare la memoria del padre morto.
Non c’è un “Lupin di colore”, la storia è chiaramente quella di “Assane Diop, fan dei romanzi di Leblanc e del personaggio di Lupin, che vendica la memoria del padre morto vendicandosi del malvagio Hubert Pellegrini nel nome di Leblanc, Lupin e del padre Babakar, nonostante il suo grande affetto per l’innocente figlia di Hubert”.
Non c’è nessun “equivoco” come insinuato nei sottotitoli, basta guardare la storia.
Come forzato è il paragone col Marvel Cinematic Universe, dove chiaramente gli Asgardiani non sono gli Dei del Mito Norreno, quindi Norreni, ma entità di un mondo parallelo collegato grazie ad un ponte dimensionale alla Terra e fonte di ispirazione da parte degli umani degli dei.
E quindi il fatto che ci siano Heimdall e una Valkiria “di colore” non dovrebbe destare più sorpresa del fatto che queste entità dimensionali aliene siano fatti a forma di umano e non di bizzarra creatura cornuta.
E forzato parimenti è il tentativo di parlare di Bridgerton come “una società multirazziale classista” governata da una regina di colore perché Golda Rosheuvel, attrice Shakesperiana che interpreta la regina Carlotta di Meclemburgo-Strelitz è inglese di ascendenze Guyanesi.
Nel teatro Shakesperiano la recitazione solitamente trionfa sull’illusione.
Il tutto sembra confermare un impianto teso a giustificare un postulato più che a verificarlo. In un’inversione del metodo scientifico in cui si raccolgono ipotesi per formulare una teoria, in questo caso si parte dal titolo acchiappaclick “Omar Sy è un Lupin nero. La storia stravolta dal politicamente corretto” e si cerca di giustificare lo stesso contro ogni evidenza contraria.
Ma ormai il danno è fatto: Internet ha oggi la sua polemica quotidiana tra gente che “legge solo i titoli perché tanto nel titolo c’è tutto” (frase che abbiamo letto anche da noi, scritta a giustificazione di commenti disinformati basati sulla sterile polemica di chi non aveva letto l’articolo ma sentiva il bisogno di dire la sua) e la polemica quotidiana su “Omar Sy è un Lupin nero” è servita.
Gli alfieri della “purezza del Lupin bianco contro il politically correct” (che magari vergano le loro parole con una mano sola, mentre l’altra, birichina, si invola al pensiero del prosperoso seno di Fujiko Mine, amante del giapponese Lupin III…) si radicalizzeranno e magari troveranno persone altrettanto radicalizzate pronte a difendere con le unghie e i denti l’inesistente Lupin Nero.
E tra i due litiganti il click, Dio Supremo dell’Internet, godrà.
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