Ci segnalano i nostri contatti un video virale, chiamato “La verità che incastra il giornalista”. Una nuova versione sul video dell’aggressione di Grillo al giornalista di Diritto e Rovescio, sostanzialmente
Un followup a quanto descritto nel nostro precedente articolo dal titolo “Beppe Grillo aggredisce un giornalista”, le immagini e le dichiarazioni.
Il video, per quanto utile, è montato in un modo odioso sul quale discuteremo, e che rende impossibile imbastire una discussione serie. Motivo per cui vi daremo il titolo e quindi gli estremi per trovarlo, ma ci rifiutiamo categoricamente di ricaricarlo in pagina.
Lo spezzone rilevante dura pochi secondi. Non c’è audio, se non una traccia aggiunta. Il giornalista si avvicina a Grillo, Grillo con un oggetto sfocato in mano (uno spruzzino?) allunga la mano verso il giornalista stesso come per spingerlo a distanza, la sfocatura rende impossibile appurare al 100% se vi sia stato contatto, il liquido dello spruzzino sia stato spruzzato o meno, il giornalista viene quindi spinto dalle scale dalle quali scende traballando e cercando di non perdere l’equilibrio.
L’evento è compatibile con una prognosi di cinque giorni, e resta inidoneo a valutare addebiti e responsabilità. Conferma l’esistenza del diverbio di cui abbiamo parlato, questo è quanto.
Sono scene che non avremmo comunque mai voluto vedere: del resto la nostra opinione sul desiderio “analogico” di tornare ad un dibattito elettorale in stile Tribuna Politica, ordinato e senza eristica è nota.
Quello che non avremmo mai voluto vedere è gente che cerca di tirarci per la giacchetta per costringerci a fare qualcosa che con l’informazione non c’entra niente. Qualcosa che esecriamo, che rifiutiamo di fare e che, se mai facessimo, ci porterebbe a chiudere la pagina ammettendo di aver fallito.
Pochi secondi. Il video esaurisce il suo contributo, invero misero, alla risoluzione di una vicenda che spetta ad indagini ed inquirenti risolvere in pochi secondi.
Ma il video dura cinque minuti.
Cinque minuti di odioso motteggio in cui “Cinque giorni” di Michele Zarrillo viene usato come mezzo per mandare in loop la scenetta mentre il Tribunale della Rete emette la sua sentenza e cerca di convocarci come “Giudice Arbitro” per legittimare i suoi Orwelliani Cinque Minuti di odio.
Arriviamo così all’utente che ci scrive ordinandoci con fare deprecabile di Spu**anare del Debbio.
Arriviamo così a Laureati all’Università della Vita in Medicina e Giurisprudenza che inventano reati da tirare addosso al povero medico che ha, a fronte di una diagnosi, rilasciato l’invero modesta prognosi di cinque giorni anziché provvedere (probabilmente) a fustigare chi la Rete ha già deciso a tavolino empio colpevole.
Arriviamo a commenti come
quella gentaglia gli va fatto scendere le scale di schiena ,almeno si spera che un po’ seladirizino Ok
E arriviamo a persone che ci incitano a prendere posizione.
Lo volete capire che noi non prenderemo mai posizione?
Il dissidio è accaduto, ci sono due parti in scontro, e non è costume di Bufale chiedere sp**anamenti, di umiliare, di rovinare, di distruggere.
Abbiamo firmato un manifesto contro le Parole Ostili.
Significa che l’avete firmato anche voi.
E significa che chi chiederà di distruggere, umiliare, far scendere le scale di schiena, spu**anare sarà allontanato dalla pagina con fermezza.
Esiste un modo giusto di fare informazione: il motteggio e la violenza verbale non rientrano tra questi.
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