Ci chiedono di verificare la storia del professore sospeso per aver rimosso il crocifisso dall’aula. La notizia è vera e non è la prima volta che il professore si presta a gesti simili. Di seguito riporteremo i fatti e le dichiarazioni dei protagonisti.
Già nel 2008 il professor Franco Coppoli venne sospeso per 30 giorni, e senza stipendio, per aver rimosso il simbolo religioso dal locale scolastico dove insegnava, sempre a Terni.
Nel 2014 si rese protagonista di un altro episodio. Erano stati predisposti dei controlli da parte della polizia, muniti di cani antidroga, per verificare la presenza di droghe all’interno della scuola, ma il professor Coppoli si oppose stoppando gli agenti di fronte alla sua aula. La motivazione? Per il professore “le scuole non sono caserme“. Per quell’episodio, che impedì l’ispezione, giunse un provvedimento disciplinare da parte dell’ufficio scolastico dell’Umbria (12 giorni a casa).
Nel 2015 l’episodio si ripete e il dirigente scolastico Domenico Peruzzo gli impone un mese di stop dall’insegnamento e dallo stipendio. La motivazione data per il recente provvedimento disciplinare sarebbe il fatto di aver tolto un crocefisso e che questo costituirebbe “una violazione dei doveri connessi alla posizione lavorativa cui deve essere improntata l’azione e la condotta di un docente”, una motivazione molto contestata dai Cobas. Sarebbe stato accusato di danneggiamento, in seguito alla rimozione del crocifisso dal muro, anche se l’insegnante rivela di aver riparato il buco affiggendo un’immagine della Costituzione italiana.
Da quanto riportato sul sito Uaar.it (“Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti”) sembra che non si trattasse di un solo crocefisso:
L’Ufficio per i procedimenti disciplinari contesta al professor Coppoli, cui l’Uaar presterà assistenza legale, «il fatto che abbia divelto dalle pareti di quattro aule in cui fa lezione i crocefissi fissati con una vite a pressione e con la colla provocando dei danni alle pareti durante le ore di lezione e che successivamente sempre durante le attività didattiche abbia proceduto personalmente a chiudere i fori». Contestualmente l’Ufficio «evidenzia che i fatti che si contestano, la rimozione del crocefisso dalle aule, sono stati oggetto di precedente procedimento disciplinare a suo carico e che pertanto rappresentano una recidiva».
Di seguito vengono riportate, sempre dal sito Uaar.it, le considerazioni della Corte d’Appello di Perugia sul caso del 2008:
Per la Corte d’Appello di Perugia, contro la cui sentenza Coppoli ha annunciato che presenterà ricorso in Cassazione, non «sembra configurabile una discriminazione» perché le «disposizione del dirigente scolastico, concernenti l’esposizione del crocifisso, erano dirette non al solo professor Coppoli, bensì a tutti i docenti che operavano nella classe III A» e dunque «non comportavano una disparità di trattamento del Coppoli rispetto a quello riservato agli altri insegnanti». La Corte d’Appello ritiene altresì che Coppoli non abbia alcun titolo per dolersi della «supposta violazione» dei principi di buon andamento e imparzialità della pubblica amministrazione e di laicità dello Stato poiché questi «danno origine non a diritti soggettivi dei singoli, bensì a interessi diffusi, ossia della collettività nel suo complesso». Richiamandosi quindi alla ormai famigerata sentenza del 2011 della Grande Camera della Corte europea dei diritti dell’uomo la Corte sostiene che l’esposizione del crocifisso nei luoghi di lavoro «non possa costituire un fattore tale da condizionare e comprimere la libertà di soggetti adulti, dotati, come nel caso dell’appellante, di un livello di istruzione elevato e dunque, presumibilmente, di uno spirito critico più spiccato rispetto a quello dell’uomo medio, intellettualmente e culturalmente meno attrezzato».
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