NOTIZIA VERA PRECISAZIONI Illegittimo il divieto di ingresso dei cani in giardini e parchi pubblici – bufale.net
Ci segnalano i nostri contatti il seguente articolo, targato Giurdanella
La giurisprudenza amministrativa conferma il suo orientamento costante sulle ordinanze comunali sul divieto di ingresso dei cani nei parchi pubblici, e in generale nelle aree destinate a verde pubblico, ritenute illegittime per contrasto ai principi di proporzionalità ed adeguatezza.
Da ultimo, il Tar Puglia (sentenza 16 marzo 2018, n. 359) ha ribadito che l’ordinanza sindacale che rechi il divieto assoluto di introdurre cani, anche se custoditi, nelle aree destinate a verde pubblico risulta essere eccessivamente limitativa della libertà di circolazione delle persone ed è comunque posta in violazione dei principi di adeguatezza e proporzionalità, pur se adottata in ragione delle meritevoli ragioni di tutela dei cittadini in considerazione della circostanza che i cani vengono spesso lasciati senza guinzaglio e non ne vengono raccolte le deiezioni.
Articolo corretto e notizia assolutamente veritiera: siamo costretti ad usare il doppio tag solamente per prevenire l’analfabetismo funzionale del lettore medio che tende a confondere gli ordinamenti di Civil Law e Common Law.
Al contrario del sistema anglosassone da noi infatti non esiste una dottrina del precedente vincolante: le sentenze non fanno “diritto”, ma un ordinamento costante della giurisprudenza è un ottimo segnale che una determinata intepretazione della norma è senz’altro quella corretta.
E precisazioni perché proveremo a spiegare in parole semplici quello che agli operatori del diritto è noto da tempo immemore ormai.
Partiamo dall’articolo 50, comma quinto, del Testo Unico degli Enti Locali
5.In particolare, in caso di emergenze sanitarie o di igiene pubblica a carattere esclusivamente locale le ordinanze contingibili e urgenti sono adottate dal sindaco, quale rappresentante della comunità locale. Le medesime ordinanze sono adottate dal sindaco, quale rappresentante della comunità locale, in relazione all’urgente necessità di interventi volti a superare situazioni di grave incuria o degrado del territorio, dell’ambiente e del patrimonio culturale o di pregiudizio del decoro e della vivibilità urbana, con particolare riferimento alle esigenze di tutela della tranquillità e del riposo dei residenti, anche intervenendo in materia di orari di vendita, anche per asporto, e di somministrazione di bevande alcoliche e superalcoliche. Negli altri casi l’adozione dei provvedimenti d’urgenza, ivi compresa la costituzione di centri e organismi di referenza o assistenza, spetta allo Stato o alle regioni in ragione della dimensione dell’emergenza e dell’eventuale interessamento di più ambiti territoriali regionali. (2)
Che sostanzialemente consente al sindaco di porre in essere ordinanze contingibili ed urgenti (quindi inevitabili e legate ad un caso di emergenza evidenza), vincolate ad un determinato scopo, ovvero superare incuria e degrato o ripristinare una vivibilità danneggiata.
In ogni altro caso, quindi ivi compresa la mancanza di urgenza ed inevitabilità, saremmo in un caso di eccesso di potere, col Sindaco che usurpa attribuzioni altrui (Stato e Regioni), oppure che utilizza un potere sproporzionato rispetto al caso di specie.
Casi simili al caso di specie sono stati registrati nella cronaca giudiziaria nel 2016, nel 2017 ed in molti altri casi, idonei ad accumulare abbastanza Giurisprudenza per studiarli.
A Lodi, ad esempio, nel 2016, abbiamo avuto un provvedimento per cui
«la più recente giurisprudenza amministrativa si riporta a un indirizzo costante e consolidato il quale nega cittadinanza nel nostro ordinamento giuridico ai provvedimenti che limitano la libertà di circolazione ai conduttori di cani» (procedimento civile n.1083 R.G.2016).
Siamo di fronte ad un bilanciamento di situazioni e diritti.
Diamo quindi per scontato che, di fronte ad un’urgente, contingibile ed indefettibile caso di degrado ed incuria, ovvero di ridotta vivibilità da parte dei cittadini, un sindaco possa porre in essere provvedimenti di natura sanitaria ed urgente.
Quindi, decidere che siccome i cani potrebbero essere un rischio per l’igiene o ridurre il godimento dei parchi pubblico, allora si può vietare il loro ingresso. Enfasi sul potrebbe.
La giurisprudenza, semplicemente, non funziona sul mero principio di astratta probabilità, ma almeno su un principio di aumentata probabilità, quando non di certezza.
Ci ricorda la giurisprudenza, se per evitare un potenziale ed incerto rischio in carico ad alcuni cittadini dobbiamo limitare in modo certo e sicuro il godimento dei parchi pubblici da parte di altri cittadini, non stiamo sostanzialmente creando il danno che avremmo dovuto evitare, passandolo dallo stato di ipotesi allo stato di certezza?
Vieppiù che, anche ammettendo che questo danno possa esistere, ci sono nella possibilità delle autorità locali strumenti più efficaci che salvino capra e cavoli, ad esempio l’obbligo di condurre il cane con guinzaglio e museruola, recando seco palette, bustine ed una borraccia d’acqua.
Nel 2017 fu infatti il TAR Toscana a ricordarci come
Risulta essere eccessivamente limitativa della libertà di circolazione delle persone ed è comunque posta in violazione dei principi di adeguatezza e proporzionalità l’ordinanza sindacale che, a norma dell’articolo 50, co. 5 d.lgs. n. 267/2000, rechi il divieto assoluto di introdurre cani, anche se custoditi, nelle aree destinate a verde pubblico senza la precisa indicazione del limite temporale di efficacia di tale divieto, atteso che la mera rilevazione di “escrementi canini in ambito urbano comunale” non possa costituire una adeguata istruttoria in ordine all’esistenza effettiva di un’emergenza sanitaria o di igiene pubblica.
Arriviamo quindi al citato TAR Puglia: è perfettamente legittimo imporre guinzaglio, museruola, palette e borracce d’acqua, ma proprio per questo è in contrasto coi principi di cui all’art. 50 comma quinto TUEL ogni provvedimento afflittivo della libertà di movimento e godimento del prato pubblico.
Vieppiù se, come nel caso di specie, l’afflizione era piagata da una temporaneità solo di fatto
Infine, non giova alla difesa comunale invocare la temporaneità del divieto, anche considerato che – dopo oltre un anno dalla sua introduzione – lo stesso non risulta rimosso; d’altro canto, si palesano inefficaci le iniziative medio tempore intraprese per la realizzazione e regolamentazione di aree di sgambamento dei cani, avuto riguardo all’interesse di parte ricorrente (certamente meritevole di tutela), che è quello di accedere liberamente alla Villa Comunale, portando il proprio cane al guinzaglio.
Laddove un divieto di accesso “temporaneo” aveva superato l’anno senza che il sindaco avesse anche solo pensato di usare i più efficaci provvedimenti citati per dirimere la questione nel modo più rapido e semplice possibile.
Sempre ricordando come ogni sentenza faccia caso a se, possiamo pertanto affermare senza ombra di dubbio che opinione comune delle corti di merito sia l’inutilità, se non l’illegittimità, di provvedimenti che si limitino a limitare l’accesso dei cani ai parchi pubblici, a tempo indeterminato o artatamente prolungato, senza tenere conto strumenti più efficaci per tutelare l’igiene e la godibilità dei prati stessi come palette, borracce e museruole.
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