NOTIZIA VERA In municipio con il velo: 40enne condannata a pagare 30mila euro
Ci segnalano questa notizia pubblicata sull’Unione Sarda l’11 Novembre 2016:
Quattro mesi di carcere. Questa la pena, commutata in un’ammenda da 30mila euro, inflitta dal gip di Pordenone a una 40enne di origine albanese, rea di essersi presentata, venti giorni fa, nel municipio del comune di San Vito al Tagliamento con indosso il niqab, il velo islmaico che copre il volto, lasciando intravedere solamente gli occhi.
Nell’occasione si stava tenendo il consiglio comunale dei ragazzi e le forze dell’ordine presenti avevano chiesto alla donna di mostrare il volto e di farsi riconoscere.
Dopo il suo rifiuto, era scattata la denuncia, sfociata oggi nella sentenza di condanna.
La notizia è vera. L’articolo ci rimanda all’epilogo dell’intera vicenda, di cui possiamo trovare riferimento sul Giornale del 20 Ottobre 2016. Nella giornata del 19 Ottobre, nell’aula consiliare di San Vito, in provincia di Pordenone, si svolgeva la rima seduta del “consiglio comunale dei ragazzi”. «Poco dopo le 18 – dice Il Giornale – ha fatto il proprio ingresso una donna che indossava il niqab». La donna «indossava anche lunghi guanti neri a coprire le mani» e il sindaco Antonio Bisceglie le chiedeva di mostrare il volto. La donna si è lasciata identificare solo una volta uscita dall’aula, ma una volta rientrata è rimasta a volto coperto.
Maggiori informazioni arrivano dal Messaggero Veneto, in questo articolo del 20 Ottobre 2016 che raccoglie le parole della protagonista. «Sono andata vestita così, secondo la legge italiana è permesso. Solo in caso di richiesta di identificazione sono tenuta a mostrare il volto». La donna aggiunge che, una volta richiamata dalle vigilesse che si trovavano all’esterno dell’aula, ha mostrato loro il suo volto senza problemi. Non più autorizzata a rientrare nell’aula, ha telefonato al suo avvocato che le ha dato conferma del suo diritto di presenziare anche con il niqab. La donna risulta cittadina italiana dal 2014 insieme al marito, ed entrambi sono laureati e insegnanti. «So cosa mi permette la legge» dice la donna «Come madre, cittadina e insegnante pretendo di chiarire con il sindaco, che rispetto. Tra l’altro ho votato per lui e ai seggi avevo il volto coperto».
In questo articolo di Repubblica troviamo l’epilogo, con riferimento alla legge che la donna avrebbe violato. I quattro mesi di detenzione sono stati convertiti in una multa di 30 mila euro, stabiliti dal GIP di Pordenone Alberto Rossi.
La legge in questione è la n. 152 del 1975 sulle disposizioni a tutela dell’ordine pubblico. All’articolo 5 leggiamo:
È vietato l’uso di caschi protettivi, o di qualunque altro mezzo atto a rendere difficoltoso il riconoscimento della persona, in luogo pubblico o aperto al pubblico, senza giustificato motivo. È in ogni caso vietato l’uso predetto in occasione di manifestazioni che si svolgano in luogo pubblico o aperto al pubblico, tranne quelle di carattere sportivo che tale uso comportino.
Il contravventore e’ punito con l’arresto da uno a due anni e con l’ammenda da 1.000 a 2.000 euro.
A confermare la notizia sulla pena attribuita alla donna troviamo questo articolo pubblicato su ANSA l’11 Novembre 2016.
Notizia vera, dunque.
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