Non appena ricevuto la segnalazione ero curioso di scoprire l’origine della storia riportata dal sito Srlive.it:
La Procura della Repubblica di Siracusa ha denunciato per diffamazione aggravata da finalità di odio razziale un uomo di 40 anni, C.D., residente nel torinese, che attraverso Facebook aveva gravemente offeso la memoria del diciassettenne siracusano Stefano Pulvirenti il 17enne siracusano la cui vita era stata falciata in una tragica carambola nella quale è stato coinvolto in viale Paolo Orsi.
“Sono felicissimo, un terrone in meno da mantenere” scriveva l’indagato “quando vedo queste immagini e so che nella bara c’è un terrone ignorante, godo tantissimo”. “Peccato che ero al nord, altrimenti avrei cagato su quella bara bianca. Buonasera terroni merdosi. Non è morto nessun altro di voi oggi ?”.
Mi ritrovo davanti ad un altro articolo pubblicato dal sito LaSicilia.it in cui viene mostrato il falso profilo Facebook usato dal torinese indagato.
Sono stati gli esperti del Nucleo investigativo telematico di Siracusa a risalire all’autore del post nonostante il profilo fosse stato creato sotto il falso nome di Elisa Covello. Dietro la tastiera c’era invece un operaio quarantenne di Settimo Torinese. Il Nit ha provveduto a sequestrare e oscurare il suo profilo Facebook. “Una vicenda disumana – è il commento del Procuratore Giordano e il sostituto Nicastro che si sono occupati delle indagini hanno definito – perché fra le varie forme di povertà, la povertà morale è quella che rischia di mettere a maggiore rischio la dimensione umana. L’operaio è stato denunciato a piede libero per diffamazione aggravata da finalità di odio razziale”.
Nel timore che si trattasse di una grossa presa in giro, ho contattato diverse fonti che mi hanno confermato il tutto. Si tratta di un account simile a quello che avevo citato in un precedente articolo in merito ad una bufala di cattivo gusto: “Elisa Covello“.
Ci sono diversi account con lo stesso nome e la stessa foto (qua quello bloccato dal NIT), non è detto che siano gestiti dalla stessa persona. Ecco uno screenshot pubblicato nel precedente articolo:
Se pensate ancora che Facebook sia un luogo dove vi è piena libertà di offesa ve lo ripeto nuovamente: sbagliate di grosso.
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