Ci segnalano un articolo pubblicato l’8 Marzo 2017 su Giornale del Po:
Sono sei i predoni, di origine rumena, denunciati, di cui due con precedenti per bracconaggio ittico: 20 anni il più giovane, 40 il più anziano del gruppo che agiva a bordo di due gommoni con a bordo batterie per scossa. Il loro mestiere? La pesca di frodo.
Il gruppo dei denunciati – tutti senza fissa dimora – aveva base a Cingia de Botti. Lì, all’interno di una stanza di una cascina, è stato rinvenuto il pesce ammassato senza neppure la più elementare delle norme igieniche: senza congelazione, immerso nel sangue, già in qualche caso in stato di decomposizione. Il proprietario della cascina, un italiano del posto, pare non sapesse nulla di quel che avveniva all’interno della costruzione. Ulteriori accertamenti a suo carico sono in corso.
La notizia è vera. Sulla Gazzetta di Mantova è stato pubblicato un video dei Carabinieri di Cremona, girato all’interno della cascina di Cingia de’ Botti dentro la quale i bracconieri custodivano il pesce.
Su Oglioponews.it troviamo un riscontro più approfondito. Il pescato era destinato al commercio dell’Est e a portare a termine l’operazione sono stati i Carabinieri, con un intervento presso l’area di Motta Baluffi. Alle 11:30 di ieri 8 Marzo si è tenuta una conferenza stampa della Compagnia di Casalmaggiore.
I sei predoni sono tutti di nazionalità romena e due di essi hanno precedenti nel bracconaggio ittico. I due gommoni sequestrati erano dotati di batterie per dare la scossa ai pesci e riuscire a catturarli senza difficoltà. Degli uomini denunciati sono riportate le iniziali: G. B. classe 1977, A. I. T. classe 1976, A. I. B. classe 1979, M. P. classe 1996, M. D. classe 1979 e C. N. G. classe 1980. I sei bracconieri farebbero parte di un gruppo più grosso, sempre dedito alla pesca di frodo.
Tutto era partito da una segnalazione ricevuta dall’area del Delta del Po dove si registrava un calo evidente della pescosità del fiume. Ma già in zona da tempo si registravano movimenti sospetti. Il gruppo dei denunciati – tutti senza fissa dimora – aveva base a Cingia de Botti. Lì, all’interno di una stanza di una cascina, è stato rinvenuto il pesce ammassato senza neppure la più elementare delle norme igieniche: senza congelazione, immerso nel sangue, già in qualche caso in stato di decomposizione. Il proprietario della cascina, un italiano del posto, pare non sapesse nulla di quel che avveniva all’interno della costruzione. Ulteriori accertamenti a suo carico sono in corso.
Tutto il materiale da loro utilizzato è stato confiscato, compreso un furgone Hyundai H1 intestato a uno della banda che poi è risultato privo di patente. Il pesce verrà smaltito da Casalasca Servizi.
Notizia vera, dunque.
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