Ci segnalano i nostri contatti la seguente notizia, targata Corriere della Sera
Il Consiglio superiore di sanità (Css) ha detto «no» alla vendita di cannabis light. In un parere richiesto a febbraio dal segretariato generale del ministero della Salute – come comunica il sito di «Quotidiano sanità» e conferma anche l’agenzia Adnkronos – l’organo consultivo sottolinea che «non può essere esclusa la pericolosità dei prodotti contenenti o costituiti da infiorescenze di canapa» e quindi «raccomanda che siano attivate nell’interesse della salute individuale e pubblica misure atte a non consentire la libera vendita».
«La pericolosità non può essere esclusa»
Al Css sono stati posti due quesiti: se questi prodotti siano da considerarsi pericolosi per la salute umana, e se possano essere messi in commercio ed eventualmente a quali condizioni. Quindi, riguardo alla prima domanda, il Consiglio «ritiene che la pericolosità dei prodotti contenenti o costituiti da infiorescenze di canapa, in cui viene indicata in etichetta la presenza di ‘cannabis’ o ‘cannabis light’ o ‘cannabis leggera’, non può essere esclusa». «La biodisponibilità di Thc anche a basse concentrazioni (0,2%-0,6%, le percentuali consentite dalla legge, Ndr) – si legge nel parere del Css – non è trascurabile, sulla base dei dati di letteratura; per le caratteristiche farmacocinetiche e chimico-fisiche, Thc e altri principi attivi inalati o assunti con le infiorescenze di cannabis sativa possono penetrare e accumularsi in alcuni tessuti, tra cui cervello e grasso, ben oltre le concentrazioni plasmatiche misurabili; tale consumo avviene al di fuori di ogni possibilità di monitoraggio e controllo della quantità effettivamente assunta e quindi degli effetti psicotropi che questa possa produrre, sia a breve che a lungo termine». E ancora, al Css “non appare in particolare che sia stato valutato il rischio al consumo di tali prodotti in relazione a specifiche condizioni, quali ad esempio età, presenza di patologie concomitanti, stati di gravidanza/allattamento, interazioni con farmaci, effetti sullo stato di attenzione, così da evitare che l’assunzione inconsapevolmente percepita come ‘sicura’ e ‘priva di effetti collaterali’ si traduca in un danno per se stessi o per altri (feto, neonato, guida in stato di alterazione)».
Ci rincresce molto per chi dovesse aver deciso che era un ottimo momento per aprire uno store dedicato alla vendita di Cannabis “light”, oppure per chi già sperava di poterne fare uso liberamente, ma la notizia è vera.
Ciò non significa, essendo il Consiglio Superiore di Sanità un organo di consulenza tecnico del Ministero e non un organo legislativo, che il parere si sia già tradotto in una norma, ma avvicina di molto uno scenario in cui il Ministero competente, ovvero il Ministero della Salute potrebbe attivarsi per ripristinare il divieto.
Partiamo infatti dalla norma, la Legge 242/16, il cui oggetto manifesto è
Art. 1
Finalita’
1. La presente legge reca norme per il sostegno e la promozione della coltivazione e della filiera della canapa (Cannabis sativa L.), quale coltura in grado di contribuire alla riduzione dell’impatto ambientale in agricoltura, alla riduzione del consumo dei suoli e della desertificazione e alla perdita di biodiversita’, nonche’ come coltura da impiegare quale possibile sostituto di colture eccedentarie e come coltura da rotazione.
2. La presente legge si applica alle coltivazioni di canapa delle varieta’ ammesse iscritte nel Catalogo comune delle varieta’ delle specie di piante agricole, ai sensi dell’articolo 17 della direttiva 2002/53/CE del Consiglio, del 13 giugno 2002, le quali non rientrano nell’ambito di applicazione del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui
al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309.
3. Il sostegno e la promozione riguardano la coltura della canapa finalizzata:
a) alla coltivazione e alla trasformazione;
b) all’incentivazione dell’impiego e del consumo finale di semilavorati di canapa provenienti da filiere prioritariamente locali;
c) allo sviluppo di filiere territoriali integrate che valorizzino i risultati della ricerca e perseguano l’integrazione locale e la reale sostenibilita’ economica e ambientale;
d) alla produzione di alimenti, cosmetici, materie prime biodegradabili e semilavorati innovativi per le industrie di diversi settori;
e) alla realizzazione di opere di bioingegneria, bonifica dei terreni, attivita’ didattiche e di ricerca.
Con limite di elemento attivo negli alimenti demandato alla delega ministeriale, come da art 5.
Art. 5
Limiti di THC negli alimenti
1. Con decreto del Ministro della salute, da adottare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono definiti i livelli massimi di residui di THC ammessi negli alimenti.
Sostanzialmente, siamo di fronte ad una norma in bianco, che demanda alcune parti alla decretazione o alla creazione di normative di attuazione.
Nonostante nell’interim ci sia attenuti ad un limite di principio attivo tra lo 0,2% e lo 0,6%, come da vigenti e previgenti normative, comunque nel febbraio del 2018 il previgente Ministero della Salute aveva investito il suo organo di consulenza dell’incarico di produrre uno studio.
E siccome le vicende scientifiche, come sapete, richiedono tempo, il parere è pervenuto non già sul tavolo di Beatrice Lorenzin, Ministro della Salute sotto il precedente governo Gentiloni, ma sul tavolo dell’attuale Ministro della Salute del governo Conte, Giulia Grillo, comunque coi medesimi, inalterati, seguenti risultati
l’organo consultivo ritiene che: “La biodisponibilità di Thc anche a basse concentrazioni (sono di 0,2%-0,6%, le percentuali consentite dalla legge, ndr) non è trascurabile, sulla base dei dati di letteratura; per le caratteristiche farmacocinetiche e chimico-fisiche, Thc e altri principi attivi inalati o assunti con le infiorescenze di cannabis sativa possono penetrare e accumularsi in alcuni tessuti, tra cui cervello e grasso, ben oltre le concentrazioni plasmatiche misurabili; tale consumo avviene al di fuori di ogni possibilità di monitoraggio e controllo della quantità effettivamente assunta e quindi degli effetti psicotropi che questa possa produrre, sia a breve che a lungo termine”.
Il Css sottolinea che degli effetti di tali sostanze su alcuni soggetti si sappia ancora troppo poco perché “non appare in particolare che sia stato valutato il rischio al consumo di tali prodotti in relazione a specifiche condizioni, quali ad esempio età, presenza di patologie concomitanti, stati di gravidanza/allattamento, interazioni con farmaci, effetti sullo stato di attenzione, così da evitare che l’assunzione inconsapevolmente percepita come ‘sicura’ e ‘priva di effetti collaterali’ si traduca in un danno per se stessi o per altri (feto, neonato, guida in stato di alterazione)”.
Quanto al secondo quesito posto dal segretariato generale del ministero della Salute, il Css ritiene che “tra le finalità della coltivazione della canapa industriale” previste dalla legge 242/2016 – quella che ha ‘aperto’ al commercio, oggi fiorente, della cannabis light – “non è inclusa la produzione delle infiorescenze né la libera vendita al pubblico; pertanto la vendita dei prodotti contenenti o costituiti da infiorescenze di canapa, in cui viene indicata in etichetta la presenza di ‘cannabis’ o ‘cannabis light’ o ‘cannabis leggera’, in forza del parere espresso sulla loro pericolosità, qualunque ne sia il contenuto di Thc, pone certamente motivo di preoccupazione”.
La mente corre ai casi di Grow Shop, Smart Shop ed esercizi commerciali simili che vendono prodotti a base di THC, come è avvenuto a Macerata per presunte violazioni del limite ex lege
Limite che abbiamo visto essere comunque stato ritenuto inadatto dagli organi consulenti.
Il Sole 24 aggiunge il parere illustre del dottor Silvio Garattini, direttore dell’Istituto Mario Negri di Milano e farmacologo:
La quantità di principio attivo contenuta nella cosiddetta cannabis light «non è certo una dose omeopatica«, e può comunque causare danni alla salute soprattutto nei giovani. Lo afferma il farmacologo Silvio Garattini, direttore dell’Istituto Mario Negri di Milano, commentando il parere del Consiglio superiore di sanità , di cui è membro, su questi prodotti. «Una concentrazione dello 0,2%, che può arrivare anche allo 0,6%, non è una dose omeopatica, può avere degli effetti sulle persone, non si può dire che sia innocua. Questo è valido soprattutto per i giovani, il cui cervello è ancora in formazione ed è quindi ancora più sensibile a questo tipo di sostanza, e sono sempre di più gli studi scientifici che testimoniano i danni cognitivi proprio sugli adolescenti. In assenza di ricerche che ci dicano che questa concentrazione non ha effetti, che al momento non ci sono, ritengo che la vendita indiscriminata sia da evitare».
Anche se si dovesse dimostrare che la cannabis light non è dannosa, prosegue l’esperto, ci sono altri effetti di cui tenere conto. «Sappiamo che le droghe leggere sono una ‘porta’ che favorisce poi il passaggio a quelle più pesanti – afferma Garattini – bisogna tenerne conto se si permette la vendita libera, anche se di una versione ‘light’».
Cosa comporta questo? Al momento niente, dato che manca ancora il parere dell’Avvocatura Generale di Stato, anche essa interpellata all’epoca per aiutare il Ministero a decidere sul punto di vista legislativo ed attuativo.
Ma significa che adesso è tutto in flusso, e sempre il Sole 24 ci riporta le dichiarazioni del Ministero
«Seguo con grande attenzione la questione della commercializzazione della cosiddetta cannabis light. Il precedente ministro della Salute il 19 febbraio scorso ha chiesto un parere interno al Consiglio superiore di sanità sulla eventuale pericolosità per la salute di questa sostanza. Il Consiglio si è espresso il 10 aprile scorso e il ministro ha investito della questione l’Avvocatura generale dello Stato per un parere anche sulla base degli elementi da raccogliere dalle altre amministrazioni competenti (Presidenza del Consiglio e Ministeri dell’Interno, Economia, Sviluppo economico, Agricoltura, Infrastrutture e trasporti). Non appena riceverò tali indicazioni assumerò le decisioni necessarie, d’intesa con gli altri ministri». Questo il contenuto della nota del ministro della Salute Giulia Grillo.
Quali saranno queste determinazioni, e dato il numero di soggetti da interpellare quante saranno non ci è dato saperlo.
Possiamo solo tenere d’occhio la vicenda, ritenendo, in base agli elementi che abbiamo, lo scenario più probabile attestarsi presso un divieto o una riduzione del consumo di simili sostanze.
Resteremo comunque in attesa per possibili sorprese.
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