Una delle opposizioni che ci capitano spesso da quando abbiamo deciso di stabilire una politica contraria all’Odio Social su Facebook è l’accusa di avere velleità censorie.
Abbiamo aderito in toto al Manifesto della comunicazione non ostile, abbiamo seguito con attenzione iniziative come Odiare ti Costa.
Abbiamo, sostanzialmente, deciso che per chi posta contenuti di odio sui nostri lidi non esiste un posto. Eravamo stanchi di vedere frustrati latrare il loro odio rabbioso verso ogni immagine vagamente umana. E dopo un ammonimento iniziale a non ripetere tali azioni, siamo stati costretti a fare a meno della presenza di taluni individui sulla nostra pagina.
Cosa abbiamo ottenuto? Messaggi in posta riassumibili con
Mi ha detto mio cuggino che vi fu il fraintendimento! Lui segue molto quella pagina, e siccome che una volta gli sono saltati i nervi e ha minacciato di morte uno che magari era pure [inserire partito opposto a quello di chi ha scritto la lettera] l’avete bannato! Non è giusto! Dovete togliergli il ban perché lui ci tiene! Se non gli togliete il ban io dico a tutti che voi cenzurate di cenzura, che siamo in un paese libbero e se io voglio dire che vengo a casa vostra e vi sgozzo come gli agnelli è la libbertà della Costituzione di parole!
E altre levità che francamente preferiamo risparmiarvi per i motivi che leggerete in seguito
Anche Irene Facheris, attivista e scrittrice, solitamente preferisce risparmiare all’uditorio il coro dell’Odio che dobbiamo anche noi ogni giorno mettere alla porta, quando colpisce noi, i nostri lettori e persino i personaggi di cui trattano le bufale.
Quest’ultima cosa echeggiando una versione 2.0 e corrotta del nonnetto svanito che negli anni ’60 attendeva le Signorine Buonasera a presentare il film RAI della serata tutto in ghingheri, convinto che se lui poteva vedere loro, loro potessero fare altrettanto.
Ma qualcosa nel meccanismo si è spezzato.
E come vedete, l’Odio è diventato il mezzo di censura che sovente gli haters piangono essere.
Abbiamo letto, anche da fonti “di reputazione”, inviti a non combattere l’Odio Social. A cercare di “redirigerlo”, condividerlo, scendervi a patti. Dichiarando che anche l’Odio è espressione.
Abbiamo visto invece che l’Odio sui Social è l’esatto contrario dell’espressione.
È l’atto di deliberata censura del ragazzino urlante che strilla più forte per coprire la tua voce fino a farsi scoppiare i polmoni, e quando ha finito passa alle minacce fisiche per tapparti la bocca.
Abbiamo visto mille volte come l’hater non è un povero censurato, ma un censore bieco e brutale che si riempie la bocca di minacce di stupro (ricorderemo per sempre con un misto di disgusto e commiserazione quella volta che Sara Manfuso, fondatrice di #IoCosì, ricevette un lungo audio dove la voce di un ragazzino, rotta dall’emozione e dalle lacrime come se stesse leggendo una poesia commovente e premettendo di “non essere un delinquente”, le augurava di essere ripetutamente stuprata da immigrati superdotati – ma non proprio con questi termini – se avesse continuato a esprimersi…), il cui unico argine tra i suoi pensieri e fantasie di violenza e i fatti è la consapevolezza di non avere le capacità per farlo.
Massima solidarietà a Irene Facheris e tutte le vittime dell’Odio Social.
E nessuna, nessuna considerazione o patteggiamento con gli hater.
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