I nostri lettori ci segnalano una vecchia bufala che oggi – martedì 21 marzo – ritorna ad occupare alcune bacheche. Diciamo “vecchia” perché il nostro archivio ci mostra smentite già dal 2014, e non si esclude che lo stesso contenuto sia circolato in altre modalità anche precedentemente.
Brevemente, si tratta di quel messaggio virale secondo il quale chi accusa i sintomi di un infarto si può salvare tossendo ripetutamente. Tale teoria viene addirittura attribuita al 118.
Un primo articolo di Bufale.net sull’argomento è comparso nel 2014, quando secondo alcuni contenuti virali il General Hospital Rochester avrebbe reso noto un comunicato che indicava proprio la tosse come rimedio contro l’infarto. Lo stesso ospedale dovette smentire con una nota pubblicata sul sito ufficiale.
Nel 2017 la stessa bufala circolava via WhatsApp e si presentava con l’incipit: “Prendi 2 minuti e leggi questo, per favore”. Il testo era attribuito al “dr. N. Silva” ed era del tutto simile a una versione internazionale di cui si erano occupati anche i colleghi di Snopes.
Sempre nel 2017 una nuova versione fu attribuita ad un non-meglio-precisato cardiologo, con la stessa sostanza: tossire ripetutamente per salvarsi dall’infarto.
Infine, ancora una volta nel 2017, la bufala assunse la connotazione più grave: fu attribuita a non meglio precisati “ultimi protocolli del 118“.
I servizi di fact checking non smettono di ricordare che questa teoria è una bufala non supportata da prove scientifiche, mentre altri siti specializzati fanno notare che gli autori di questo testo confondono tra attacco cardiaco e arresto cardiaco.
Nel 2020, ad esempio, il cardiologo Marco Comeglio è intervenuto sull’argomento attraverso una nota pubblicata sul sito dell’Asl Toscana:
Quando un paziente avverte un dolore toracico sospetto per infarto miocardico, deve immediatamente chiamare il 118 e seguire le indicazioni del personale della centrale operativa.
In nessun caso, specialmente quando ci si trova in emergenza, si devono seguire i consigli di un post pubblicato su Facebook, bensì ci si deve rivolgere immediatamente ad un medico.
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