Ci segnalano i nostri contatti un testo virale per cui Jingle Bells è una canzone schiavista cantata davanti al presepe, con tanto di foto di uno schiavo con delle campane attaccate al collo per “Shock Value”, ovvero per avere un’immagine scioccante che porta tanti like a casa.
Il contenuto è del tutto falso e sviato. Le origini di Jingle Bells sono documentate e l’oggetto ritratto nella foto ha uno scopo diverso da quello descritto nel tweet.
La mistificazione del testo è palese: cavalcare la maggior attenzione ai temi sociali e politici dell’attuale panorama, aggiungendo quel tocco di ecclesiofobia che rende la religione l’argomento cardine da attaccare per ottenere condivisioni.
L’oggetto nella foto esiste, ed è un collare usato non sugli schiavi in generale, ma per segnalare lo schiavo fuggitivo, quindi considerato incline alle recidive, scoraggiando gli altri schiavi dall’imitarlo. Oggetto non meno brutale, ma già partiamo da una mistificazione.
La mistificazione maggiore si ha con le origini, documentate, della canzone.
Scritta dall’organista James Lord Pierpont, figlio di un Pastore Protestante Abolizionista e fratello di un altro Pastore protestante.
Come da una famiglia di abolizionisti possa essere saltato fuori un orgoglioso schiavista (anche se durante la Guerra Civile, ma molto dopo, i fratelli Pierpont si ritrovarono separati dal confine e dalla coscrizione) lo sa solo l’autore della fake news, ma andiamo oltre.
Prima di tornare al “business familiare”, sia pur nella veste di organista e scrittore di musiche da chiesa e non di predicatore, James fece più lavori del Paperino a fumetti, e con lo stesso scarso successo, diventando nell’ordine marinaio baleniere, marinaio militare, cercatore d’oro e fotografo nei luoghi dove aveva cercato l’oro.
Tutti i lavori sfumarono rapidamente, costringendolo, ora vedovo, a tornare in seno alla famiglia come organista.
Questa volta il successo gli sorrise, e passò dal dare lezioni di musica e suonare in chiesa a diventare un compositore.
Decise di scrivere una divertente canzonetta per divertire gli altri minatori o per tirar su qualche soldino in taverna.
Il testo originale è infatti evidentemente dedicato all’avventurosa vita di James Lord Pierpont riletta in salsa familiar-religiosa e fu redatto nell’agosto del 1857.
Il protagonista si procura infatti una carrozza a singolo cavallo (one horse open sleight) e decide di lasciare l’eremo nevoso dove viveva (come il Klondike, nello Yukon, tipico terreno di caccia all’oro, ma anche nel Massachussets e in Georgia) per andarsene a spasso con una bella ragazza, o probabilmente per andare in taverna o a casa.
Cade in malo modo e gli altri detentori di slitta ridono allegramente di lui.
Cosa che ha portato a ritenere che l’ispirazione fossero proprio le corse tra slitte.
Comunque sia, l’esito della canzone è sempre lo stesso: gli avventori si riuniscono tutti quanti in taverna per cantare Jingle Bells e festeggiare le occasioni conviviali dell’epoca assieme ubriacandosi come spugne, oppure tornano a casa come fece James Lord Pierpont e festeggiano riuniti alle persone care in un’atmosfera giocosa e allegra.
Ovviamente abbiamo già targhe, come si usa anche da noi in Italia, a base di “James Lord è stato qui ed ha scritto qui la canzone”
La più nota riporta l’origine delle corse di carretti tra minatori e lavoratori dell’800.
Nessuna traccia di schiavi quindi, bensì una delle musichette “tanto al chilo” scritte per festeggiare in taverna celebrando le corse tra slitte. Se volessimo localizzare una festività dove usarla, il Ringraziamento o altre festività autunnali ed estive sarebbero più adatte.
Nel dicembre del 1943 il cantante Bing Crosby ri-registra Jingle Bells per pubblicarla su disco il giorno 11 Dicembre.
Negli anni ’40 del ventesimo secolo l’iconografia tradizionale del Babbo Natale vestito di rosso su una carrozza trainata da renne con campanelli e briglie scintillanti si era già cementata da almeno vent’anni.
L’attuale volgata dichiara per merito della Coca Cola, ma in realtà Babbi Natale vestiti di rosso e con la loro slitta carica di doni erano apparsi nella pubblicità sin dagli anni ’20 e in modo indipendente, con Coca Cola “responsabile” della massima popolarizzazione.
Siamo ad un caso di conflazione: essendo quindi ormai il Natale “civile” (si badi, non quello religioso dei presepi, altro errore) legato all’immagine del Babbo Natale sulla slitta che ride felice e della slitta stessa simbolo del Natale, la canzone divenne un esempio di musica natalizia assieme a White Christmas” scritta da Irving Berling nel 1942 per l’omonimo musical “Bianco Natale” (che ebbe un remake cinematografico del 1954 dove lo stesso Crosby interpretava un burbero soldato che decide di esibirsi in spettacoli canori per aiutare il suo superiore, ora gestore di un albergo).
La confluenza dei fenomeni portò Jingle Bells ad entrare nel novero delle canzoni natalizie tradizionali, traendone quindi un enorme successo, ed entrambe le canzoni furono più volte raccolte, ad esempio nell’album “White Christmas” del 1955, ispirato al remake cinematografico del musical.
Album dove Bing Crosby appare in copertina vestito da Babbo Natale sciorinando una serie di grandi successi legati sia al Natale più tradizionale e religioso, come “Adeste Fidelis” e “God Rest Ye Merry Gentlemen”, che a quello più “moderno”, come Jingle Bells e White Christmas.
Da quel punto della storia in poi Jingle Bells ha smesso per sempre di essere una canzone tradizionale di minatori, carrettieri e cercatori d’oro per diventare una delle colonne fondanti del Natale.
I Pierpont?
Mattew Pierpont, detto Mutt, ultimo discendente adulto della famiglia, ancora ama cantare Jingle Bells coi suoi figli raccontando loro questa emozionante storia.
E senza fake news.
Jingle Bells non è una canzone schiavista cantata davanti al presepe, ma raffigura immagini legate alle corse dei carretti tipiche della Corsa all’Oro del 1850 circa, diventate nel 1950 circa simbolo del Natale con la mediazione del cinema dell’epoca.
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