False credenze

No, l’antisemitismo non è “generico sentimento contro i semiti”

In questi tempi di discussioni infuocate ci dobbiamo sorbire anche una paraetimologia ad uso rissa. Ovvero la bizzarra teoria per cui, dinanzi alle manifestazioni di antisemitismo che abbiamo visto avvampare in tutto il mondo Occidentale dovrebbe essere inibito anche solo usare il termine antisemita.

No, l’antisemitismo non è “generico sentimento contro i semiti”

Perché, dice il “popolo della Rete”, antisemita non significa “contro gli ebrei” ma “contro i popoli semiti, ma tutti tutti”, cioè gli Arabi, gli Ebrei, gli Aramei, gli Assiri, i Cananeo-Fenici e dal punto di vista prettamente linguistico gli Abissini.

Riconosciamo enormi difficoltà nel trovare un Assiro e un Fenicio a cui sottoporre la teoria, e sappiamo per certo che ovviamente i nostri aspiranti “maestrini della paratimologia” non hanno alcuna intenzione di difendere gli Aramei (confluiti nei Babilonesi…) e gli Abissini, ma cercano semplicemente di dichiare con una contorsione mentale mica da ridere che il vero antisemita è colui che ce l’avrebbe coi Palestinesi in una sorta di derby che esiste solo nella sua testa.

Alcuni aggiungeranno che l’antisemitismo è diventato tale “Dopo l’Olocausto”.

Si tratta di una paraetimologia, una falsa etimologia partorita per assonanze e ignoranza.

No, l’antisemitismo non è “generico sentimento contro i semiti”

Il termine antisemitismo nasce infatti nel 1879, orgogliosamente rivendicato dal giornalista tedesco Wilhelm Marr.

Wilhelm Marr, figlio unico, riuscì nel compito di farsi licenziare per due volte di fila a Vienna, incolpando i datori di lavoro ebraici. Si avvicinò anche a movimenti intellettuali democratici e liberali di sinistra, venendo espulso da Zurigo per fiancheggiamento all’attività comunista.

Tutto questo assai probabilmente fece scattare in lui la conversione radicale del suo sentire che vediamo in testi successivi ed una forma di catarsi risarcittoria e vendicativa per il suo passato, per cui coniò quindi il termine antisemita rivendicando:

“l’odio nei confronti degli Ebrei e anche quello nei confronti di varie correnti politiche internazionali, liberali e cosmopolite, del Diciottesimo e del Diciannovesimo secolo, correnti spesso associate con gli Ebrei. I movimenti sotto accusa includevano quelli che si battevano per l’uguaglianza dei diritti civili, per la democrazia costituzionale, e per il libero scambio, nonché il Socialismo, il Capitalismo finanziario e, infine, il Pacifismo.”

Mai negli scritti di Marr compare il concetto di odio verso Arabi, Cananei, Assiri, Fenici e Abissini, semplicemente perché non gli interessavano.

Nel suo opuscolo Der Weg zum Siege des Germanentums über das Judentum (La strada verso la vittoria del Germanismo sul Giudaismo, 1879) sostanzialmente Marr prese le teorie dei conservatori dell’epoca (a cui si era associato superata la sua fase giovanile) secondo cui il popolo ebraico avrebbe potuto integrarsi nella società tedesca solo cancellando la loro stessa cultura per assimilarsi allo “spirito Cristiano-Germanico” e le radicalizzò ulteriomente.

Secondo l’antisemitismo gli ebrei in particolare avevano caratteristiche biologiche, che non potevano quindi essere rimosse dall’assimilazione culturale, che li avevano portati a controllare l’economia e la finanza con l’aiuto di democratici e liberali, e che presto Ebrei e Tedeschi avrebbero dovuto combattere per il controllo della Germania e l’unico modo per i “veri tedeschi” di vincere sarebbe stata la sconfitta totale e definitiva del popolo ebraico.

Pertanto egli nello stesso anno fondò la Lega Antisemita con lo scopo dichiarato di “rimuovere la minaccia degli ebrei”.

Ovviamente parlava degli ebrei. Non degli Assiro-Babilonesi, non degli Abissini, e non nei fenici.

E non lo fece ovviamente nella Seconda Guerra Mondiale che neppure conosceva (non aveva visto neppure la prima…), anche se è innegabile che la sua definizione di antisemitismo fu la pietra angolare sulla quale l’antisemitismo moderno ancora si fonda.

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