Sta girando tra i nostri contatti la bufala dell’Ahnenpass. Oltre che una fake news un tipico caso di reductio ad hitlerum.
Dove dicesi “Reductio ad Hitlerum” la fallacia narrativa ed artifizio retorico per cui chi sa di avere torto butta l’intera discussione in caciara. Lo scopo è paralizzare la discussione trasformando il tutto in un’accusa strumentale di nazifascismo
Anche se in questo caso non c’entra niente.
L’Ahnenpass non è un documento sovrapponibile né al Green Pass, né alla Tessera Sanitaria.
Basta conoscere un po’ di tedesco per sapere che la parola Ahnenpass non significa né “Green Pass” né “Tessera Sanitaria”.
Bensì Passaporto Genealogico, ed era un documento che ricostruiva la genealogia del portatore, da esibirsi in Alto Adige e nella Germania Nazista per dimostrare in ogni momento di essere un cittadino ariano.
Il mito della “Razza Ariana” di cui era improntato l’intero Nazifascismo (letteralmente, un’ideologia fondata sulle bufale, dalla razza ariana fino ai Savi di Zion) rendeva infatti, in un’epoca in cui mancava una digitalizzazione di massa, tracciare l’albero genealogico di ogni “buon ariano”. Allo scopo di evitare sorprese come parenti ebrei (considerati nemici dal nazifascismo) o gli ebrei, gli zingari, gli slavi o gli africani e “moralmente degenerati” , considerati “Untermenschen” o razza inferiore.
Proprio per l’estrema follia nel riconoscere “a occhio” un “Untermensch” da un “Ubermensch”, ovvero il “superuomo Ariano”, la Germania Nazista decise sostanzialmente di statalizzare e dare una forma accessibile a qualcosa che il buon nazista già si procurava di suo.
Indottrinati dall’ideologia Nazista molti aspiranti gerarchi, arrampicatori sociali o semplicemente nazisti orgogliosi avevano già prima degli anni ’30 cominciato a commissionare indagini genalogiche e conservare gelosamente i risultati.
Per lo stesso motivo per cui i neonazisti moderni, dimenticando che per forza di cose anche nel DNA del loro amato Hitler albergava genoma di certo “non 100% ariano” amano commissionare test del DNA per esibire fieri al mondo la loro presunta arianità, sostanzialmente.
Nel 1933 il Regime Nazista aumentò il passo sulla discriminazione degli “Untermensher”, introducendo una norma che, all’apposito scopo di segregare e perseguitare gli ebrei ed altre minoranze, richiedeva a tutti gli appartenenti delle professioni titolate, nonché statali, medici e insegnanti di poter provare in ogni momento di essere di discendenza Ariana.
Siccome gli stessi Nazisti erano a conoscenza del fatto che “discendenza Ariana” era qualcosa di così evanescente da non riuscire a provarlo essi stessi, solo una settimana dopo l’entrata in vigore della norma ci misero una toppa dicharando che il “non-Ariano” è quello che discende da non-Ariani, specialmente nonni o genitori ebrei, introducendo una “presunzione legale” nel caso uno degli ascendenti fosse aderente alla Religione Ebraica.
Sostanzialmente un colossale “Famo a fidasse” in cui se avevi il nonno che andava a pregare in Sinagoga, a prescindere da ogni dato scientifico e sociale, eri Ebreo e quindi tagliato fuori dalla società.
Tale decisioni richiesero a tutti coloro che, ricordiamo, già prima della norma erano lì a compilare liste di antenati per escludere eventuali ebrei, slavi o africani, di avere un documento da presentare in ogni momento.
Tale documento fu il citato Ahnenpass.
Una Tessera Sanitaria è ovviamente tutt’altra cosa.
È un documento personale che, sostituendo il tesserino del Codice Fiscale, consente accesso immediato ai propri dati sanitari, custoditi in server con le garanzie di cui al vigente GDPR, consentendo di recarsi in farmacia, prenotare prestazioni sanitarie e accedere a tutti i servizi relativi senza dover ricordare la quantità di dati personali richiesti, che possono essere estratti dalla banda magnetica e dal codice a barre riportati sul retro.
Sistema questo scelto per la sua capacità di conservazione del dato senza rischio di corruzione in caso di danneggiamento della tessera stessa.
Ovviamente non di un Ahnenpass.
Il Green Pass è il discendente dei Passaporti Sanitari, entità che come ricorda i colleghi di Facta esiste da ben prima di ognuno dei concetti citati.
Come ci ricordano i colleghi i Certificati sanitari per la sorveglianza delle malattie contagiose, necessari per lo spostamento, esistono almeno dal XVI secolo, in cui le “fedi di sanità” o “bollette di sanità” erano documenti necessari per certificare l’immunità da malattie contagiose o la presenza o meno della peste, per esempio in un porto toccato da una nave.
L’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha rilasciato fin dal 1944 un Certificato internazionale di vaccinazione o profilassi, ancora in uso anche se esclusivamente per la febbre gialla e, come chiunque viaggia sa, esiste un numero di vaccinazioni obbligatorio per viaggiare in determinati paesi.
Il Green Pass è semplicemente una forma moderna di tale concetto, che contiene gli stessi dati dei Passaporti Sanitari precedenti, ma secondo le norme del GDPR.
Quindi consentendo di poter dimostrare in ogni momento, e con un meccanismo verificabile istantaneamente in tutta l’Ue, lo stato di vaccinazione in corso, la presenza di un tampone negativo o la guarigione dal COVID, rendendo visibile il minor numero di dati possibili.
Ancora una volta, è evidente il tentativo del complottista medio di buttarla in caciara per non accettare una discussione seria.
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