Bufala

No, la storia della novax pentita e vittima di guerra è una fake news

Ci è stata segnalata la storia di una presunta “novax pentita e vittima di guerra”. Interessante perché dimostra ancora una volta come il linguaggio dei disinformatori novax e quello dei disinformatori pro-guerra e pro-Cremlino sia letteralmente lo stesso.

Usano le stesse bufale, gli stessi strumenti, lo stesso linguaggio di sospetto e paura. Le stesse metodologie di fake news diffuse a mezzo catene di S. Antonio acefale con gli stessi risultati.

Ancora una volta quindi abbiamo delle foto messe a caso, per costruire una storiella rabbiosa a uso e consumo degli “indinniati”, l’esercito permanente agli ordini del capofila novax/proPutin di turno che come una prefica 2.0 mette la sua rabbia berciante al servizio del Padrone.

No, la storia della novax pentita e vittima di guerra è una fake news

Ovviamente, si tratta di una fake news, la cui storia è stata ricostruita precedentemente da Facta ed Open.

Fact Checking in breve: nessuno, tranne i novax che hanno diffuso questa storia, hanno mai detto che quella è una “novax pentita”, storiella diffusa per spargere odio e diffidenza.

In lungo, come ricostruito da Facta, il primo scatto, quello con la donna intervistata, non riguarda una “novax pentita”. Ma l’intervista (il frame viene dal TG del 2 Marzo 2022, minuto 29:35) ad una donna incinta di nome Julia, profuga e Ucraina, ricoverata in ospedale a Rho per il parto e i controlli.

A chi dovesse interessare, comunque il parto è andato a buon fine e la piccola Nikole nonostante le complicate condizioni della sua nascita è in salute e si è ricongiunta presto a madre e sorella di otto anni.

La seconda foto proviene dal profilo Facebook di Attilio Fontana e riguarda esattamente quel momento.

Il Presidente della Regione si congratula con la puerpera per il parto, ne narra le vicende e le invia fiori auspicando per lei una vita più serena in Italia.

Ovviamente, la notizia era disponibile su diverse testate nazionali (qui, qui, qui e qui, ad esempio). Quelle che nella martellante propaganda novax e proCremlino sono “Il Mainstream che ama i vaccini e odia Putin”.

Genesi e conseguenze: cancellare non basta

Open identifica l’origine della fake news in un profilo Twitter che, resosi conto dell’errore, avrebbe cancellato la fake news, nonché in un profilo che avrebbe rettificato in tweet successivo.

Come vedete cancellare non basta.

Cancellare una fake news che avete diffuso è letteralmente come lanciare un sasso in faccia a qualcuno per poi nascondere la mano. O come dare il via ad un linciaggio feroce per poi allontanarsi prima che la folla faccia scempio della vittima.

Non servirà ad evitare che le conseguenze delle vostre azioni si diffondano.

Il protocollo completo e corretto per chi si avvede di aver diffuso una fake news è smentirla pubblicamente come la ha diffusa.

Cosa si rischia? In questo caso, è evidente, Facta ed Open hanno smentito la notizia e siamo ancora qui a parlarne.

Inoltre una puerpera è stata investita, e tutt’ora lo è, dell’odio rabbioso dei Novax e dei Pro-Cremlino, e almeno dai secondi ne era sfuggita sotto le bombe per trovarseli in patria.

Sotto una delle condivisioni restanti della bufala abbiamo infatti trovato (e segnalato) un commento dove si invita, platealmente a rimandare una donna esule di guerra “in Russia sotto le bombe”, per essere punita dal Cremlino.

Con ovvio riferimento alla morte che certamente la aspetterebbe in tale caso per una “menzogna” che non ha mai detto.

Per non parlare di chi ha deciso di diffondere la stessa fake news direttamente nel profilo del Presidente Fontana, ripetendo pappagallescamente le false accuse verso una madre.

Torna inoltre, secondo le dinamiche che abbiamo visto che vedono un Asse di Ferro tra agitprop sovranista, novax e pro-Putin, accuse non dissimili a quelle contro “le profughe con le unghie laccate” che abbiamo visto in tempi altrettanto crudeli

Sostanzialmente, proprio perché una fake news si diffonde più rapidamente della smentita, è onere di chi l’ha diffusa ritrattarla con più veemenza di quanto non l’abbia diffusa.

E ricordiamo che il solo ricondividere una fake news non è atto idoneo a privare il “mero condivisore” di responsabilità. Anzi.

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