Il 24 maggio 2018 riportavamo una nostra analisi su una segnalazione priva di fonti pubblicata da TgQuotidiano e – ovviamente – Voxnews su episodi che interessano i migranti, immortalati mentre si gettano sotto le auto per ottenere un risarcimento. Le immagini usate, in realtà, erano fotogrammi di un video che riprendeva una rissa avvenuta nel Tennessee:
Il tutto era nato da una segnalazione arrivata il 23 maggio dal sito inattendibile Cityrumors, che nonostante già dal titolo non confermasse gli episodi – “Alba Adriatica, migranti che si lanciano sulle auto in transito: l’allarme (da confermare) diventa virale” – pubblicava la notizia che veniva ripresa, ovviamente, da TgQuotidiano e Voxnews. Nessuna prova per tutte e tre le fonti, ma era necessario pubblicare per avere il credito dei lettori indinniati, unico inopinabile foraggio per i più noti viralizzatori:
Sulla veridicità della segnalazione, che poi è rimbalzata per tutta la giornata, allo stato attuale non ci sono conferme, relativamente a denunce o segnalazioni. In ogni caso l’allarme è diventato virale.
Negli ultimi giorni, sempre gli autori di TgQuotidiano, insistono sul caso e l’8 giugno pubblicano un articolo che parla di conferma ufficiale, riportando lo screenshot di un utente che segnala un analogo episodio a Colleferro (RM):
A Colleferro le risorse come li chiamano quelli intelligenti, aspettano le macchine e se buttano contro per farsi risarcire.
Occhio quando camminate.
Bassa Irpinia riprende l’articolo di TgQuotidiano e copia il suo testo, il 9 giugno:
Alba Adriatica, Teramo. Giovani di colore si “lanciano” sulle auto di passaggio facendo finta di essere stati investiti e chiedendo soldi agli automobilisti.
Dopo aver pubblicato questo articolo, stati accusati di aver messo in circolazione una fake news, peccato però che siano arrivate le conferme da parte dei cittadini, come scrive Daniele per esempio, con tanto di foto a testimonianza dell’accaduto.
Il tam tam è ribalzato sui social e su WhatApp. Episodi che sarebbero accaduti al semaforo tra via Roma, ad Alba Adriatica. Sulla veridicità della segnalazione, che poi è rimbalzata per tutta la giornata, allo stato attuale non ci sono conferme da parte delle autorità, relativamente a denunce o segnalazioni. In ogni caso l’allarme è diventato virale.
Nel riprendere la notizia, Bassa Irpinia usa la stessa foto che TgQuotidiano riporta come scattata a Colleferro, ma parla di Alba Adriatica. La stessa azione di copia-incolla viene operata dal blog Musico Guerriero, sempre il 9 giugno, dunque il giorno successivo alla pubblicazione di TgQuotidiano. Quest’ultimo, in ogni caso, tenta di conferire carico di credibilità al suo articolo riportando screenshot di commenti e conversazioni, per farsi beffe degli utenti che lamentano l’assenza di fonti – considerati radical chic e buonisti in un’esplosione di originalità – e per tessere le lodi, invece, di quanti insistono sull’autenticità della segnalazione.
Di fatto, però, non esistono prove, e gli autori di TgQuotidiano lo sanno, ma preferiscono portare avanti una teoria di cui parlano gli utenti, ma della quale non esistono conferme dalle autorità. Se veramente gli autori vogliono dimostrare l’esistenza di un tale fenomeno diffuso, dovrebbero rivolgersi alle forze dell’ordine e chiedere loro conferma. La parola degli utenti potrebbe valere quanto la voce che corre su WhatsApp, finché si tratta di condivisione compulsiva senza dati oggettivi.
Perché creare confusione parlando ora di Colleferro, ora di Alba Adriatica, e riportando un titolo che parla di conferma ufficiale quando questa non esiste? Gli autori, si noti bene, al centro del loro articolo non concentrano l’attenzione sui fatti, bensì lanciano continui anatemi sui lettori che li accusano di divulgare bufale, lanciando provocazioni condite con parole come radical chic, buonisti e – scadendo in una forte lacuna sul piano della semantica – addirittura paragonandoli ai negazionisti dell’Olocausto.
Troppo, decisamente. Accostare i loro “nemici della rete” ai negazionisti è pratica diffusa e pericolosa, di cui abbiamo riportato un esempio in questo editoriale.
Parliamo di nessuna fonte, quindi, perché senza una conferma ufficiale (che non è di certo quella degli utenti che non riportano prove) da parte di autorità, organi di stampa e agenzie, restano comunque dei messaggi inoltrati su WhatsApp o semplici post di Facebook, proposti secondo la formula delle immagini con didascalia che non fanno informazione (leggi la nostra guida utile).
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