“Nel 2011 Rula Jebreal descriveva suo padre come un santo, a Sanremo come un mostro per fare la fenomena”
Odiare può essere legittimo, ma non si può dire altrettanto sulla comprensione di un testo, di un’orazione o semplicemente di un’affermazione riportata su più fonti. È il caso della pagina Liberi e indipendenti, che il 13 febbraio 2020 ha pubblicato un post su Rula Jebreal – tra le 10 co-conduttrici del Festival di Sanremo – in cui viene messo in discussione quanto raccontato dalla giornalista durante il suo monologo contro la violenza sulle donne sul palco dell’Ariston.
RULA JEBREAL HA RACCONTATO UNA MAREA DI BALLE SULLA SUA VITA?
Nel 2011 descriveva suo padre come un eroe, ma per fare la fenomena a Sanremo lo ha descritto come un mostro: Nel primo commento le prove inequivocabili
Le “prove inequivocabili” su un sito di disinformazione
La collaborazione con Selvaggia Lucarelli
Nel primo commento, come promesso dagli admin, compare un link a un articolo pubblicato su Mag24 il 13 febbraio, un portale già noto ai nostri archivi e specialmente presente nella nostra BlackList. L’articolo di Mag24 non è certo un’inchiesta giornalistica, bensì un post ripreso dal web in cui leggiamo:
Bene, in questa intervista recuperata dal webarchive raccontava una storia profondamente diversa, dipingendo il padre come un santo che aveva subito le follie di una madre alcolizzata e promiscua e che aveva cercato in ogni modo di salvarla nonostante le sofferenze arrecate e le corna.
Il discorso di Rula è stato scritto da Selvaggia Lucarelli (evidentemente Rula non era in grado di scriverlo da sola), ma l’ha letto lei, avallando quella versione ritoccata.
Raccontando che il padre era uno stupratore e la madre una vittima.
Quale sia la verità lo sa solo lei, ma questo interessante aneddoto mette in evidenza l’ipocrisia, la falsità e l’opportunismo di questa donna, che infanga la memoria dei suoi cari per fare spettacolo.
Andiamo per ordine: Rula Jebreal non era incapace di scrivere il suo discorso, ma si è avvalsa della collaborazione di Selvaggia Lucarelli in quanto estimatrice di quest’ultima che, a più riprese, è stata oggetto di attacchi sessisti e dunque si presentava come la persona più adatta a rendere il suo monologo – già abbozzato dagli autori Rai – più toccante e più umano, senza retorica e più emotivo.
Ribadiamo, come racconta Selvaggia Lucarelli all’Andkronos, che la stessa Rula Jebreal l’aveva contattata in quanto sua grande estimatrice:
Tutto è nato da una telefonata che mi ha fatto Rula la settimana scorsa nella quale mi diceva che le piace come scrivo e mi ha voluto incontrare. Mi ha parlato di quello che voleva dire, quello che voleva raccontare, mi ha fatto leggere quello che era stato già buttato giù dagli autori Rai, e man mano abbiamo costruito insieme il testo che poi Rula ha letto e interpretato a Sanremo.
Non è così strano, del resto, che un personaggio televisivo si avvalga della collaborazione di autori dalla penna ben nota che possano toccare i punti più importanti di un discorso con la forza della loro esperienza. Ora, andiamo avanti.
L’intervista del 2011 e il monologo al Festival di Sanremo
Da tantissimi fronti arrivano riferimenti a un’intervista che Rula Jebreal rilasciò nel 2011 a Peter M. Brant per The Interview, una fonte che i disinformatori utilizzano come prova schiacciante della contraddizione della giornalista. In poche parole, nel 2011 Rula Jebreal avrebbe descritto il padre come un santo-vittima di una moglie (Nadia, madre di Rula) alcolizzata, mentre a Sanremo lo avrebbe descritto come un mostro che abusava ripetutamente della madre. Per questo i disinformatori parlano di ipocrisia, ma sarebbe bastata un po’ di attenzione per comprendere che si parla di due cose diverse.
Nell’intervista del 2011 Rula Jebreal disse:
A mio padre va il merito di averci insegnato che tutti sono umani e uguali, e anche il tuo nemico ha i tuoi stessi desideri: comprensione, amore, inclusione. Il fatto che lui amò mia madre senza giudicarla…. Ciò che è successo a lui è anche peggiore di ciò che accadde a me come figlia di mia madre. Era sua moglie, ma era promiscua. Beveva, lo insultava, insultava tutti noi. Eppure lui la amava. Nonostante tutto tentò di aiutarla fin quando lei morì. Pensava che avrebbe potuto salvarla, e questo l’ho capito. Ma non riuscì. Almeno le diede il dono di una famiglia.
Nel suo intervento a Sanremo ha detto:
Mia madre Zakia, che tutti chiamavano Nadia, ha preso il suo ultimo treno quando io avevo 5 anni. Si è suicidata, dandosi fuoco. Ma il dolore era una fiamma lenta che aveva cominciato a salire e ad annerirle i vestiti quando era solo un’adolescente. Il suo corpo era qualcosa di cui voleva liberarsi, era stato la sua tortura. Perché mia madre Nadia fu stuprata e brutalizzata due volte: a 13 anni da un uomo e poi dal sistema che l’ha costretta al silenzio, che non le ha consentito di denunciare. Le ferite sanguinano di più quando non si è creduti. L’uomo che l’ha violentata per anni, il cui ricordo incancellabile era con lei, mentre le fiamme mangiavano il suo corpo, aveva le chiavi di casa.
I disinformatori non capiscono o lo fanno apposta?
In poche parole i disinformatori non hanno capito (o fanno finta) che il padre di Rula Jebreal e l’uomo che abusò di sua madre Zakia non sono la stessa persona. Troviamo un riferimento anche in un articolo di Libero Quotidiano del 9 febbraio in cui veniva riportata un’intervista rilasciata dalla Jebreal a Lucia Annunziata per il programma Mezz’ora In Più in onda su Rai 3.
È stato il secondo marito della madre a stuprarla, ha fatto lo stesso con le altre figlie. Lui trattava le donne come fossero schiave, proprietà. In un confronto con mia madre avvenuto prima della sua fuga da casa, le disse una frase che mi fa venire ancora adesso la pelle d’oca: ‘Se hai un frutto in casa, non hai il diritto di assaggiarlo?’. Questi criminali pensano che le donne siano una loro proprietà privata, da usare e abusare come credono.
Da quelle violenze subite dal patrigno la signora Zakia non si era mai ripresa, specialmente per la reazione della sua famiglia. Il suo dolore aumentò quando scoprì che anche sua sorella avesse subito violenze, e seppur fosse riuscita a ritrovare una strada sposandosi e mettendo al mondo dei figli non riuscì a cancellare quel trauma. Si tolse la vita dandosi fuoco quando Rula aveva solo 5 anni.
Perché parliamo di bufala e disinformazione?
Parliamo di bufala in quanto le stesse dichiarazioni usate come fonte (ma lette male) dei disinformatori raccontano il contrario: nessuna “balla”, semplicemente il violentatore della madre di Rula Jebreal era il patrigno della madre stessa e non il marito, non il padre della giornalista come invece sostengono Mag25 e Liberi e Indipendenti.
Parliamo di disinformazione, infine, perché con questa lettura sbagliata e tendenziosa della vicenda della madre di Rula Jebreal si convince il lettore medio che il monologo di Sanremo fosse una montatura per fare la “fenomena”, un termine che invece non può declinarsi al femminile come la grammatica insegna.
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