Muore di distrofia a 17 anni: famiglia ritrova illustrazioni 30 anni dopo. Ancora una volta una storia che riguarda in parte il retrocomputing, in parte il problema dei ricordi e della conservazione degli stessi.
Comincia tutto da Richard McFarlane, inglese, morto a 17 anni trenta anni fa dopo aver combattuto per dodici anni con la Distrofia Muscolare di Duchenne, malattia degenerativa che comporta, ci si perdoni la semplificazione, lo “spegnimento” progressivo di tutti i muscoli del corpo, fino ad arrivare al cuore e ai muscoli che consentono la respirazione.
La cura sta facendo passi avanti grazie alla ricerca, l’aspettativa di vita si estende lentamente: oggi un malato potrebbe aspettarsi di vivere fino a quasi 30 anni. Ai tempi del povero Richard McFarlane, 17 anni era un piccolo miracolo.
Richard amava l’arte e la tecnologia: impossibilitato ad uscire di casa spesso per le sue condizioni, era un avido utilizzatore del suo Amiga 500, computer noto all’epoca per le sue elevate prestazioni grafiche, introducendo un sistema di coprocessori che, parametrato alla tecnologia dell’epoca, faceva la differenza che oggi farebbe una GPU dedicata rispetto ad una scheda video integrata di basso livello.
Alla morte di Richard, questo dettaglio sfumò fino a novembre del 2022.
Quando qualcuno muore, resta nella vita delle persone un buco a forma della persona amata, spesso tutti i suoi amati possedimenti terreni. Tamsin McFarlane, sorella di Richard, viene a scoprire che a Novembre del 2022 nella città di Derby si sta aprendo un museo del Retrocomputing.
Tamsin, che aveva cercato senza successo di trovare un acquirente per l’Amiga 500 del fratello, decide quindi di donarlo al museo per l’esposizione.
Ovviamente, la prima cosa che un curatore di un museo del retro fa è revisionare e ripulire i computer donati. La seconda è copie di archivio di tutte le memorie di massa.
I Floppy Disk si deteriorano, spesso catastroficamente (con strati di ossido e materiale magnetico che si sfaldano “otturando” le testine dei lettori floppy), gli Hard Disk falliscono sia meccanicamente (il motore e il braccio di lettura smettono di muoversi come devono) che elettronicamente (la logica di controllo può sviluppare problemi, il disco magnetico smagnetizzarsi). La cosa più sensata da fare è creare file immagine di ogni cosa, in modo da poter usare emulatori hardware per il floppy drive (dispositivi, come Gotek, che consentono di leggere pendrive con immagini dei singoli dischi) e soluzioni basate su SSD e adattatori SD card.
Il curatore del museo Rob Watson ritrova così una intera galleria di disegni di Richard.
Pregevoli, date le limitazioni di mobilità del giovane e il fatto che, pur essendo una macchina evoluta per l’epoca, l’Amiga 500 è pur sempre un computer del 1987.
L’opera di recupero dalle memorie di massa deteriorate ha richiesto ben due mesi di alacre lavoro, ma il risultato è stato una intera sezione del museo dedicata alla memoria di Richard McFarlane.
“Sapevamo tutti che quei disegni erano lì, ma non li avevamo visti per trent’anni: è stato bizzarro rivederli tutti. È stato adorabile e quello che il personale ha fatto è incredibile, ci hanno ridato tante memorie per l’attenzione e la cura impiegati per questo piccolo memoriale e tutto il resto”
Sezione che tutt’ora è visitabile e comprende l’Amiga 500 di Richard, stampe incorniciate delle sue opere e i poster collezionati nella sua vita. Tutte cose che i suoi genitori sono convinti un giorno Richard avrebbe personalmente donato, restando ad aiutare l’opera del museo, se gli fosse stato consentito vivere più a lungo.
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