È morto Eugenio Scalfari alla veneranda età di 98 anni. Non è un caso evidenziare tale età: aver raggiunto quasi il secolo di vita ha consentito a Scalfari di attraversare la storia della Repubblica Italiana.
Averlo fatto da giornalista gli ha dato quello che oseremmo definire un “posto in prima fila”. Posto da cui osservare e condividere quanto visto nei momenti più iconici della nostra nazione.
Classe 1924, compagno di classe al liceo di Italo Calvino, l’amore di Scalfari per il giornalismo cominciò presto. Attraversò il fascismo, venendo espulso da quel mondo che era il suo primo amore per articoli di critica verso i gerarchi che gli costarono la qualifica di “imboscato”.
Ma vi rientrò, però al cuore non si comanda, specie per qualcuno che aveva definito un tempo la vita come “continuare a desiderare”.
Nei primi anni ’50 il vero inizio, la possibilità essere giornalista con il Mondo di Pannunzio e l’Europeo di Arrigo Benedetti. Nel ’55 con quest’ultimo fonderà L’Espresso, primo settimanale italiano d’inchiesta.
Ma ancora prima, già nell’Europeo creerà un genere, il giornalismo economico, fino a quel momento ostico appannaggio dei cultori della materia.
Innovatore nel genere, ma anche nel metodo: con l’Espresso e la Repubblica divenne un attivo direttore-manager, benevolo patriarca, guida in grado di mantenere dritto il timone di una rivista punto di riferimento di molti.
Non solo giornalista, non solo guida dai molteplici e interessanti aneddoti che la creatura che lasciò camminare sulle sue gambe, Repubblica, oggi riporta, ma anche scrittore.
E non solo editorialista (nonostante aver lasciato il timone de La Repubblica, continuò a scrivere editoriali), ma romanziere e saggista per molti capolavori, come Il labirinto, L’uomo che credeva in Dio, Per l’alto mare aperto, Scuote l’anima mia Eros, La passione dell’etica, L’amore, la sfida, il destino.
Il marchio di una vita ben riuscita è quando riesci a trovare l’immortalità non in una vita ultraterrena, ma nel ricordo dei sopravvissuti. Se poi riesci anche a ottenere il cordoglio di chi ti era rivale in vita, significa aver speso bene la tua vita.
Il Senato gli ha dedicato un minuto di silenzio, e tutto l’arco politico, anche chi ha ricordato di essere dall’altra parte della barricata, ha avuto una parola di cordoglio per lui.
Gli sopravvivono le figlie e la moglie Serena Rossetti, si ricongiunge nella morte a Simona De Benedetti prima amatissima moglie.
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