La maledizione dell’era post-moderna è che siamo nel punto storico in cui ne vediamo morire i padri e i padrini, come Carlo Vichi.
Se la morte di Sir Clive Sinclair ci ha privato di uno dei padri nobili dell’elettronica, la morte di Carlo Vichi ci ha invece privato di una icona dell’elettrodomestico italiano. E, in un certo senso, legata all’informatica degli anni’80.
Il suo destino si unisce in più di un modo alla MIVAR, ex VAR, “Vichi Apparecchi Radio”, diventata nel 1963 “MIVAR”, ovvero “Milano – Vichi Apparecchi Radiofonici”.
Scopo di MIVAR era portare inizialmente le radio, poi le Televisioni, oggetto del desiderio Italiano, in ogni casa. Spartane e utilitarie nell’aspetto, ma solide e amate dal loro pubblico, le televisioni MIVAR entrarono grazie a Carlo Vichi in ogni casa Italiana, arrivando al suo apice negli anni ’80 e ’90, con quasi il migliaio di operai ed una leadership nazionale di fatto.
È negli anni ’80 e ’90 che la storia di Carlo Vichi e di MIVAR si intreccia anche alla storia di Sir Clive Sinclair e altri magnati dell’informatica: proprio il fatto che molti computer degli anni ’80 erano perfettamente in grado di gestire le uscite video antenna e CVBS rese i MIVAR l’amato compagno di molti giocatori italiani, alternativa valida ma economica ai ben più costosi Philips e SONY (e tutt’ora ricercati a prezzi anche ben più elevati su eBay).
Ed è con la storia dell’elettronica moderna che finisce il sogno MIVAR: fu la concorrenza dei nuovi pannelli LCD a insidiare pericolosamente quote di mercato. Carlo Vichi, fino all’ultimo, puntò sul CRT, ma alla fine la resa.
Nel 2013 la prima SmartTV MIVAR vede la luce. Nel 2013 le luci in casa MIVAR si spengono, su una ditta ridotta a dodici operai per il servizio di manutenzione.
Nel 2018 Carlo Vichi provò a mettere MIVAR a disposizione di chi volesse produrre tecnologia assumendo nuovi lavoratori italiani. Non riuscendovi, provò con una nuova ragione sociale ed esistenziale: MIVAR, come “Milano Vichi Arredi Razionali”, sognando mobili di nuova concezione.
Carlo Vichi ci lascia, coronando il suo sogno di andarsene con “una festa nella fabbrica”.
Restano le sue creazioni, TV ancora operative e commercializzate nei mercati dell’usato sotto le nuove vesti di “monitor per il retrocomputing”.
Carlo Vichi ci lascia, con uno di quei marchi diventati reliquia dell’infanzia di molti che ci leggono, e con l’immagine di una generazione illuminata dalla pallida luce di un tubo catodico.
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