Se vi sentite un po’ persi nella vita e senza uno scopo, pensate al fatto che Ryan O’Neal ci ha messo un po’ a scoprire la sua vocazione, ma quando lo ha fatto è entrato nella leggenda del cinema, dimostrando che non importa come si arriva ai propri sogni, ma l’importante è viverli con costanza.
Ryan O’Neal, classe 1941, figlio dello scrittore irlandese Charles O’Neal, americano irlandese per parte di padre ed ebreo per parte della nonna Mathilde Pius provò fino ai vent’anni una carriera come bagnino e da pugile. Per poi brillare come una fulgida stella nella sua vocazione più grande: il cinema.
Negli anni ’60, complice un trasferimento a Monaco del padre scrittore, il giovane Ryan si trovò nella stessa condizione di molti giovani della sua età: con qualche problemuccio accademico e la necessità di cominciare qualche lavoretto.
Grazie all’aiuto della madre riuscì a farsi assumere come stuntman ed extra nello sceneggiato Tales of the Vikings (1959).
Fu subito amore per il mondo del piccolo e grande schermo, e cominciò una lunga, decennale gavetta come extra e guest star in diversi sceneggiati americani di quegli anni, fino all’enorme successo con Love Story nel 1970, celebrato a livello social nel giorno della sua dipartita come coronamento della sua carriera ma in realtà solo trampolino di essa, che gli valse la candidatura all’Oscar come miglior attore nel 1971 e il David di Donatello come miglior attore straniero l’anno successivo, oltre alla candidatura al Golden Globe.
Nel 1975 fu la star di “Barry Lyndon” del regista Stanley Kubrick, sottotono al lancio ma tutt’ora rivalutato tra i cinquanta film migliori di ogni tempo.
O’Neal ha recitato con Barbra Streisand in “Ma papà ti manda sola?” (1972) di Peter Bogdanovich (1972) e “Ma che sei tutta matta?” (1979) diretto da Howard Zieff, con la compagna di una vita Farrah Fawcett in “Sacrificio d’amore” (1989) e la serie tv “Good Sports” (1991) e con Jacqueline Bisset nei panni di un hacker ante litteram in “Il ladro che venne a pranzo” (1973).
Con le inevitabili fluttuazioni del tempo la sua carriera continò fino alla morte, col telefilm telefilm 90210 del 2010, sopraggiunta per le complicazioni dell’età e di un quadro clinico complicato dalla leucemia cronica scoperta nel 2001 e dal cancro alla prostata con cui combatteva dal 2012 (si astengano e tacciano quindi per rispetto gli sciacalli novax a caccia di necrologi, almeno questa volta).
Unanime nel cordoglio la famiglia e i fan raccolti in una lunga e prestigiosa carriera.
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