McDonald’s vende gli stabilimenti in Russia: la chiusura a tempo indeterminato diventa permanente

di Bufale.net Team |

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McDonald’s vende gli stabilimenti in Russia: la chiusura a tempo indeterminato diventa permanente Bufale.net

McDonald’s vende gli stabilimenti in Russia, e la chiusura a tempo indeterminato che avevamo annunciato agli inizi della guerra ora diventa permanente.

Le motivazioni sono le stesse di allora, aggravate dagli ormai mesi di conflitto, ed è un tira e molla sia morale che economico.

Da un lato, la chiusura “temporanea” era determinata dal desiderio di “non buttare in mezzo ad una strada” i civili Russi, spesso incolpevoli vittime della censura del Cremlino, che avrebbero rischiato di trovarsi dall’oggi al domani senza un lavoro e senza uno stipendio, quindi senza un mezzo di sostentamento.

Dall’altro lato, resta il fatto che ogni centesimo che transita dalle casse della Russia rischia di diventare sangue e benzina per alimentare la macchina da guerra che sta devastando l’Ucraina.

Inoltre, proseguire le operazioni in una economia di guerra e di crescente ostilità della Russia verso il mondo, un mondo descritto come popolato da Nazisti diventa sempre più un azzardo.

Quindi quella chiusura a tempo indeterminato diventa permanente.

McDonald’s vende gli stabilimenti in Russia, e indietro non si torna.

McDonald’s vende gli stabilimenti in Russia: la chiusura a tempo indeterminato diventa permanente

Il vertice di McD, Chris Kemczinski ha annunciato la decisione con un memo

“È una decisione complicata che non ha precedenti e conseguenze profonde. Alcuni diranno che continuare a fornire cibo e occupazione a decine di migliaia di civili sia una cosa giusta. Ma è impossibile ignorare la crisi umanitaria causa dalla guerra in Ucraina. È impossibile immaginare gli Archi Dorati come simbolo delle stesse promesse e speranze che ci hanno portato a entrare nel mercato Russo 32 anni fa”

Ottenuto dal New York Times.

Gli 850 ristoranti e ogni attività saranno quindi vendute e private del Franchise. L’acquirente non potrà più usare il marchio iconico, loghi e nomi commerciali, anche menù, della compagnia.

Del resto, già durante la “lunga sospensione” la Russia aveva preparato un marchio alternativo, l’autocratico Zio Vanya.

Nella tradizione tipica dell’URSS che, non potendo avere i lussi occidentali, provvedeva immantinente a clonarli in vari modi, come i dischi con la musica occidentale distribuiti al mercato nero su lastre radiografiche, l’Intervision Song Contest versione autarchica dell’Eurovision e il “Dendy”, copia “made in China” del Nintendo NES tutt’ora considerata la più iconica console da videogiochi nel mercato Russo vintage.

Siamo quindi alla fine di un’epoca.

La fine di un’epoca

La storia di McDonald’s in Russia nasce e muore nella storica sede di Piazza Pushkin, prima delle 847 sedi ora chiuse, dai cui finestroni puoi vedere riflesso lo stesso Cremlino.

Eravamo nel 1990, all’alba della Caduta del Muro di Berlino, della Glanost e della Perestrojika, con l’incubo della Guerra Fredda alle spalle.

L’apertura della catena di Fast Food aveva una precisa connotazione ideologica: rappresentare la speranza di una reciproca unione tra due mondi ritenuti incompatibili.

L’idea che se il Blocco Sovietico e il Blocco NATO avessero commerciato insieme, scambiato prodotti insieme e si fossero incontrati nei supermercati, nelle piazze e nei ristoranti, avrebbero imparato a conoscersi nella vita e nella politica.

Aspirazione come abbiamo visto del tutto fallita.

Nel 1990 abbiamo comunque testimonianze di code costanti, durate praticamente fino all’apertura degli altri esercizi della catena. Perlopiù di giovani russi benestanti (un pasto da McDonald’s costava comunque molto più degli austeri pasti dell’era sovietica) intrigati dal vedere un posto diverso da una mensa austera.

Persino lo staff era composto da studenti poliglotti e formati all’educazione ed al servizio pacato e sorridente, i colorati imballi divennero oggetto di culto se non di collezionismo.

Ed ora tutto questo è finito.

Le prospettive future

Difficile pensare ad una marcia indietro. Il marchio comunque ha dato una cospicua “buonauscita” agli occupanti dei locali in franchise e si impegnerà nei confini del possibile perché i nuovi acquirenti, Zio Vanya o meno, non gettino il personale impiegato in mezzo ad una strada.

Non chiude solo “un fastfood”. Chiude un modello di condivisione, si rialza la Cortina di Ferro tra popoli che speravano di poter vivere in pace ed ora tornano a guardarsi in tralice, sotto i colpi di una Propaganda martellante per cui ogni straniero è un “pericoloso nazista”.

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