Crime Facts

Maria Goretti, una brutta storia

A Le Ferriere (LT), appena 12 minuti di macchina da Nettuno (RM), c’è il luogo del martirio di Santa Maria Goretti. Si accede ad un ampio parcheggio sul Piazzale Giovanni Paolo II e ci si trova di fronte a quello che un tempo era un casolare in mezzo alla palude. Per visitare il locus martyrii si deve camminare fino al retro del fabbricato, ci si trova dunque di fronte a una scala che bisogna salire. Si arriva quindi all’ingresso e si accede a 4 locali.

Il locus martyrii

  1. Ingresso, con dipinti dedicati a Santa Maria Goretti su ogni parete. C’è anche una reliquia di Assunta Carlini, madre della piccola, nient’altro che un lembo del suo vestito a pois;
  2. Una stanza in cui trovate scatti della visita di Giovanni Paolo II al Santuario di Nettuno (dove Maria riposa) e a Le Ferriere, nel 1979, oltre a fotogrammi del film Il Cielo sulla Palude di Augusto Genina (1949);
  3. Il luogo del Martirio, con il punto esatto in cui Maria fu assalita da Alessandro Serenelli delimitato da una piccola recinzione;
  4. Un’ultima stanza, dove trovate un registro per lasciare il vostro pensiero.

Un brutto caso di femminicidio e pedofilia

Di Maria Goretti (1890 – 1902) si conosce più che altro la storia della sua canonizzazione. Dalla Chiesa abbiamo ereditato la storia del perdono che avrebbe conferito al suo assassino in punto di morte, e di come frappose la fede cristiana all’abbrutimento cui voleva sottoporla Alessandro Serenelli, 20 anni, bracciante. Riportare ciò che è stato nei dettagli, specialmente su come la Chiesa gestì il processo di canonizzazione, non favorisce certamente la lettura. Questo articolo prende spunto dalla nostra visita al luogo del martirio e dal libro Povera Santa, Povero Assassino pubblicato nel 1984 da Giordano Bruno Guerri.

Dimentichiamo quel dinamismo aureo con cui la Santa Sede ha sempre edulcorato questa storia piegandola a una narrazione fatta di fede e purezza. In verità, Maria Goretti fu uccisa con ferocia e ossessione. Aspetto, quest’ultimo, che era proprio del suo assassino Alessandro Serenelli, che da tempo aveva posto gli occhi sulla piccola Maria e che per questo sognava di possederla. Le cronache contemporanee parlerebbero di femminicidiopedofilia, perché di ciò si macchia questa brutta storia.

Il martirio

Le Ferriere (LT), 5 luglio 1902. Maria siede in cima alla scalinata esterna della cascina. Alessandro Serenelli, di ritorno dall’aia, le passa accanto ed entra dentro. “Vieni un momento qua”, le dice. “Cosa vuoi?”, gli risponde la ragazzina. “Vieni qua”, insiste lui. Alle resistenze della piccola, Serenelli reagisce con l’imposizione. Con un braccio la trascina all’interno.

Afferra il suo corpicino e lo schianta sul pavimento, dunque tenta di sollevarle la veste per unirsi a lei. Maria grida, scalcia, serra le gambe e tuona: “Dio non vuole queste cose, tu vai all’inferno!”. Serenelli “non riesce” a possederla (virgolette necessarie) perché – si scoprirà – è impotente.

Serenelli allunga il braccio destro e afferra un punteruolo. Lo solleva minaccioso, pronto ad affondarlo, quindi fende il corpo di Maria oltrepassando le vesti, “come si fa col granturco” (dirà al processo). Cinque colpi massacrano la bambina sotto l’ombelico, due colpiranno il braccio della poveretta in un disperato tentativo di difendersi. Nonostante sia ridotta “con i budelli di fuori” (dirà mamma Assunta), Maria si rialza e corre verso la porta chiedendo aiuto. Serenelli la raggiunge, la afferra da dietro per la gola e la pugnala sei volte sulla schiena. Maria non perde i sensi, ma è sfinita.

Polmoni, intestini, fegato. Maria viene macellata. Dopo tre ore viene trasportata all’ospedale di Nettuno, ancora viva e ancora vigile. Viene operata ai polmoni, al diaframma e agli intestini. Muore il 6 luglio per una setticemia causata da norme igieniche assenti e per le conseguenze della furia di Serenelli. Arrestato, sconterà 30 anni di prigione.

Il presunto perdono

Si dice che prima di morire Maria Goretti avrebbe perdonato il suo assassino di fronte a testimoni, ma sono narrazioni figlie di un periodo storico in cui informazione e indagini non avevano la stessa accuratezza del nostro presente. Ciò è stato messo in dubbio più volte. A proposito del processo di canonizzazione, invece, è noto e documentato che Alessandro Serenelli, in sede Vaticana, cambiò più volte versione su pressione del “postulatore” (colui che deve sostenere la santità e il martirio della vittima), specialmente a proposito del comportamento di Maria Goretti nel momento dell’assassinio.

Espresse il suo rifiuto verbalmente? Lo espresse con i gesti? Fece riferimenti a Dio mentre veniva colpita? Accettò il martirio pronunciando tre volte “sì” mentre il punteruolo perforava il suo corpo? Quello del perdono è un dettaglio mai verificato e riportato solamente nelle agiografie. Secondo queste fonti, le suore che si trovavano al capezzale di Maria prima che la piccola morisse sul letto d’ospedale, don Temistocle Signori e le suore presenti le avrebbero chiestoPerdoni all’offensore?.

Maria avrebbe tentennato e per questo la domanda le sarebbe stata posta più volte. Poi la presunta risposta: “Sì, lo perdono e lo voglio con me in Paradiso”. Parole, quelle attribuite alla piccola Goretti morente, di cui non esistono riscontri su documenti ufficiali ma che hanno creato il mito della martire pontina, come sottolineava Federico Zeri in un elogio all’opera di Guerri sulle pagine de La Stampa:

Poco interessa che (pare sia proprio vero) nell’iter canonico alcuni dati siano stati alterati e riferiti con inesattezza, persino sfacciata. Perché, una volta entrata nel regno del mito religioso, o anche in procinto di entrarci, la persona umana cessa di esser tale, per assumere tratti che non sono quelli dell’obiettività e dell’anagrafe, rispondendo a criteri di idealizzazione assoluta.

 

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