Ma l’acqua di rubinetto è potabile o no?
Croce e delizia di molte famiglie, siamo abituati a considerare l’acqua potabile come quella comprata in bottiglie di plastica al supermercato e l’acqua di rubinetto come qualcosa di assolutamente non potabile, usato al massimo per lavare, lavarsi e cucinare la pasta, latrice di calcoli e malattie.
In realtà il discorso, come sempre in un’era in cui a forza di cercare ossessivamente di semplificare le cose le si rende più complesse di quello che sono è semplice: l’acqua dell’acquedotto è sicura, sulle condotte (specialmente quelle in palazzi molto vecchi) non possiamo mettere la mano sul fuoco.
O sull’acqua, in questo caso.
Ma l’acqua di rubinetto è potabile o no?
Soccorre la Fondazione Veronesi, che ci ricorda che meno di un terzo degli abitanti di Italia beve acqua di rubinetto quando i profili di sicurezza dell’acqua pubblica sono disponibili sul portale del Ministero.
Quello che sovente però ci frega è l’impiantistica domestica: il parco abitazioni Italiano è spesso desueto e trascurato, siamo in una situazione in cui i tre quarti degli edifici Italiani sono costruiti prima del 1981 e ogni tentativo di promuovere il loro “aggiornamento” a standard energetici e di sicurezza degni del XXImo secolo viene accolto a urla, sputi e imprecazioni contro l’Unione Europea.
In questo clima, nonostante i numerosi tentativi di riforma ed obblighi di legge, è ancora possibile imbattersi in impianti elettrici non a norma e in impianti idraulici messi ancora peggio, costruiti con materiali non più approvati dagli anni ’90 e incrostati di residui quarantennali.
E ammettiamolo: quanti di noi sarebbero disponibili a rifare l’intero impianto idraulico di casa, eventualmente spaccando muri e pavimenti dopo aver scoperto di avere materiali non può a norma e tubature scarsamente agibili per rifare tutto?
Eppure se considerassimo un controllo dell’impianto idraulico un investimento per il futuro, probabilmente ci sarebbe assai più utile: se scoprissimo di poter usare l’acqua di rubinetto tranquillamente, risparmieremmo in spese domestiche e rispetteremmo l’ambiente evitando di spargere microplastiche in esso.
Se invece scoprissimo di avere un impianto non in regola, per quanto la spesa potrebbe essere consistente potremmo considerarla un investimento in salute che ammortizzeremmo negli anni successivi.
Una via di mezzo potrebbe essere ricorrere, nei comuni che offrono questo servizio, alle “case dell’acqua“: pubbliche fontane presidiate e disinfettate, sottoposte a continua manutenzione che garantiscono tubature recenti e ti consentono con una spesa infima (parliamo di 5-10 centesimi al litro) di riempire le proprie bottiglie (di vetro durano una vita e non inquinano).
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