L’OMS dichiara il vaiolo delle scimmie emergenza sanitaria globale: del resto era prevedibile, dato quello che sappiamo della malattia.
Il che non significa, e il direttore Ghebreyesus ha avuto modo di precisare che al momento il vaiolo delle scimmie sia in grado di creare disturbi o blocchi al movimento ed al commercio mondiale.
Insomma, non siamo ancora alla situazione emersa durante la pandemia da COVID19, ma siamo comunque davanti ad un momento in cui cominciare a coordinare le misure e riflettere sul da farsi.
Il Vaiolo delle Scimmie come abbiamo avuto di vedere non è una malattia nuova, e il poxvirus è stato isolato nel 1958. Quello che rende questa ondata insidiosa e degna di attenzione è una diffusione fondamentalmente eurocentrica, con l’80% delle infezioni confermate in quest’anno.
Certo, ci sono state in passato fughe del virus in Occidente, ma di solito è sempre stato diffuso tra roditori e scimmie insistenti sul suolo africano, ed arrivato in Occidente coi flussi turistici o con l’importazione dei citati animali.
In quest’ondata ci sono meccanismi ancora da esaminare, ancorché è chiaro che a differenza di COVID19 il contagio avviene perlopiù per contatto fisico diretto.
Tutto questo comunque comporta che mentre per COVID19 abbiamo cominciato la battaglia da zero, passando lunghi mesi senza vaccini e con diverse incognite da affrontare, pagandone un caro prezzo in vite umane, per il Vaiolo delle Scimmie abbiamo un bagaglio di esperienza, terapie e vaccini efficaci da dispiegare il prima possibile.
Una serie di raccomandazioni serviranno ai quattro gruppi di paesi coinvolti a diverso titolo nel contrasto all’emergenza.
Il primo gruppo riguarda i paesi che non hanno riportato casi di vaiolo delle scimmie negli ultimi 21 giorni, il secondo quello che ha avuto casi di importazione e contagio diretto tra umani.
Il secondo gruppo dovrà avere una risposta coordinata per la protezione dei fragili e l’uso di terapie e vaccini. Il terzo gruppo prevede paesi con casi di salto di specie, mentre il quarto gruppo prevede paesi con la capacità di produzione di nuovi farmaci.
Ognuno di questi gruppi sarà chiamato, a diverso titolo, a contribuire alla gestione emergenziale.
Un ostacolo insidioso può essere dato proprio dalla tipologia di contagio. Il Monkeypox si trasmette perlopiù con contatti fisici, cosa che ha generato un incremento di casi in caso di promiscuità sessuale. Ma anche in casi in cui la trasmissione è avvenuta con rapporti sessuali tra uomini.
Si rischia di ripetere il fiasco iniziale della campagna contro l’AIDS, dove la campagna di informazione venne rapidamente trasformata in uno stigma sociale che ebbe l’effetto contrario di allontanare interi gruppi sociali dalla prevenzione e dalle cure per paura di essere additati come “colpiti da una malattia omosessuale”.
L’OMS ricorda che lo stigma sociale e la discriminazione sono sempre un problema, e i virus non discriminano. Colpiscono e basta.
Proprio per questo l’OMS richiama la collaborazione di quelle associazioni che collaborarono al superamento dello stigma dell’AIDS come “malattia omosessuale” per evitare che la fake news si ripeta ancora ed ancora, perdendo tempo prezioso.
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