Lo sbarco della Sea Watch 3 è avvenuto, descritto in modo rocambolesco.
Forzato il blocco navale, il capitano Carola Rackete è stata condotta agli arresti domiciliari, a passo sicuro, senza resistere ulteriormente all’arresto.
Ma andiamo quindi con ordine prevedendo i possibili dubbi
Opinabile.
Conoscerete credo tutti la differenza tra un criminale ed un obiettore di coscienza, se non la conoscete ve la spieghiamo.
Il criminale, più o meno consapevole di star violando la legge, fa di tutto per sfuggire alla stessa. Il criminale solitamente si sottrae alla cattura. Il ladro di autoradio scappa col frutto del suo reato. L’omicida cerca di cancellare le sue prove. Il molestatore ricatta la vittima di molestie per non essere denunciato.
L’obiettore di coscienza non fa niente di tutto questo. Carola Rackete ha, come abbiamo ricordato nel nostro passato articolo che vi invitiamo a rileggere, rivendicato e dichiarato una precisa causa scriminante le sue azioni, spiegando il perché le stesse sono state intraprese.
È una posizione più affine all’obiezione di coscienza, quella cosa per cui un individuo rifiuta di obbedire ad una legge, riconoscendola come ingiusta o contraria al resto del sistema giuridico in cui è compresa, allo scopo di sollecitare il dibattito sulla stessa, pagandone di persona il prezzo ove errato.
Falso.
Dobbiamo davvero spiegarvi per la decima volta da quando esiste questo sito la differenza tra rito cautelare e ordinario?
Si parla, evidentemente, di misure cautelari.
Le misure cautelari sono dei provvedimenti emessi nel periodo intercorrente tra l’inizio del procedimento penale e l’emanazione della sentenza. Vengono adottati dall’autorità giudiziaria per evitare che si verifichino alcuni pericoli; nello specifico i pericoli che l’adozione vuole scongiurare sono: 1) difficoltà nell’accertamento del reato; 2) difficoltà nell’esecuzione della sentenza; 3) possibilità che vengano compiuti altri reati o che si aggravino le conseguenze di un reato.
Presentano determinate caratteristiche: sono strumentali al procedimento penale perchè mirano ad evitare che si verifichino i summenzionati pericoli; per le stesse ragioni sono anche provvedimenti urgenti; sono incidentali in quanto è necessaria l’esistenza di un procedimento penale; agli atti deve sussistere una prognosi di colpevolezza che però, in ossequio all’art. 27 Cost., comma II, deve essere ponderata alla luce del principio di presunzione di innocenza fino alla definitività della sentenza; sono provvedimenti immediatamente esecutivi, sebbene provvisori, in quanto oltre a venir meno con l’emissione della sentenza definitiva, possono essere revocate o modificate; sono impugnabili tramite i meccanismi previsti dal codice (riesame, appello e ricorso per Cassazione); sono espressamente tipizzate dalla legge; infine possono essere disposte solo con un provvedimento del giudice di cui la giurisdizionalità delle stesse.
Detto in parole semplici: siccome siamo ancora in uno stato di Diritto, nel quale nessuno può essere dichiarato colpevole se non in forza di sentenza passata in giudicato, nel frattempo comunque lo Stato ha il diritto di assumere dei provvedimenti tali da limitare le capacità del reo di ripetere un reato, di sfuggire al processo o di modificare le prove.
Ma siccome il diritto penale è comunque l’ultima risorsa dell’ordinamento, ed abbiamo superato da diversi secoli il Medioevo in cui le pene venivano irrogate a caso, senza sanzione, anche le misure cautelari vengono irrogate in un rigoroso ordine gradato, in cui la misura cautelare “carceraria” è l’ultima possibile ed irrogabile.
Un elenco di criteri è contenuto nell’art. 275 cpp, a cui si rimanda per la disamina, e che consentono all’imputato di poter richiedere, limitatamente all’applicazione delle misure cautelari, di adire il c.d. Tribunale del Riesame, che non decide nel merito, ma tocca la questione solo quel tanto che basta per decidere se l’imputato, che comunque resta imputato, debba restare a piede libero o debba essere trattenuto per timore che compia ulteriori reati, inquini le prove o si allontani.
Solo nel giudizio di merito infatti saranno raccolte prove e testimonianze, saranno escussi i testi e le parti coinvolte ed analizzato ogni singolo elemento atto a dichiarare la colpevolezza o l’innocenza dell’imputato.
Infatti, proprio perché il penale è una cosa drammaticamente seria, la clausola di limite dell’Ordinamento, qualcosa che interviene quando la civile convivenza ha fallito, nel Penale si procede letteralmente coi piedi di piombo.
Al momento quindi, non sappiamo nulla.
Le indagini sono, logicamente in corso. E sappiamo che le 48 ore di fermo scadranno lunedì.
E sappiamo che per ora non vi è alcun rito per direttissima, bensì ordinario: dopo 48 ore il Capitano Rackete quindi potrebbe essere rimessa in libertà, salvo un apposito decreto di espulsione che il Ministero degli Interni dichiara di avere in corso di preparazione che, al più, la riporterebbe a casa sua.
Gli elementi per valutare le misure cautelari da irrogare li avete: studiate il caso in questione e rendete parere motivato.
Per ora non possiamo che ricordarvi che in uno Stato di Diritto nessuno è colpevole se non in forza di sentenza passata in giudicato: chiunque di voi asserisse il contrario potrebbe essere quindi considerato un diffamatore.
A mezzo stampa, dato che siamo su Facebook e sui Social.
Al momento si parla di imputazione.
Le accuse che i pm le rivolgono sono la violazione dell’ articolo 1100 del codice della navigazione, che sanziona con la pena massima di 10 anni chi fa violenza o resistenza a una nave da guerra, e il tentato naufragio, previsto dagli articoli 110 e 428 del codice penale, e sanzionato con la pena massima di 12 anni.
Ci riporta la stampa nazionale. Sostanzialmente pene per aver
Ma come vi avevamo ricordato noi stessi, e come ci conferma il Comandante Gregorio De Falco (quanto odiamo avere ragione…)
Sì, è qui che scatta la scriminante di cui si parla.
Ripeteremo quindi l’esempio, che è lo stesso che facemmo noi, non perché il Comandante De Falco ci copi ma perché, ovviamente, chi conosce davvero i meccanismi del diritto tende a pensare nello stesso modo, essendo il diritto un metodo replicabile e conoscibile.
Siete su una macchina. Non avete mezzo per recarvi in ospedale con un’autoambulanza. Correte quindi a 120 chilometri orari per salvare un ferito gravissimo, strombazzando e agitando fazzoletti bianchi.
Mentre correte per la via un cittadino indinniato inchioda davanti minacciando di denunciarvi per questo o quel reato perché avete rotto lo specchietto della macchina di suo cugino ed esige giustizia.
Magari riesce anche ad ottenere un posto di blocco.
Ora, se voi non conducete il ferito in tempo, quello muore e il cittadino indinniato diventa un omicida.
Se voi vi fermate, il ferito muore.
Se voi non vi fermate, salvate il ferito ma venite denunciati.
Il diritto, a questo punto, essendo un costrutto umano creato da umani muniti quindi di empatia e sentimenti fornisce una clausola di uscita:
Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé od altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, pericolo da lui non volontariamente causato, né altrimenti evitabile, sempre che il fatto sia proporzionato al pericolo
La ratio è simile, ma non coincidente con la scriminante della legittima difesa, che proprio in questi giorni abbiamo scoperto non essere poi stata così tanto allargata.
Citando i professionisti di Studio Cataldi
Non c’è quindi un’aggressione da cui difendersi ma uno stato oggettivo di necessità.
Dalla lettura testuale della norma si desume che i requisiti perché si possa invocare lo stato di necessità sono:
– l’esistenza di un pericolo attuale e inevitabile;
– l’esistenza di un pericolo che riguardi un danno grave alla persona.
Anche i requisiti del danno e del pericolo non sono limitati al solo pericolo di vita come nel nostro esempio. Infatti gli esempi devono essere inesatti e semplificati, per far capire un concetto.
Ma la realtà dei fatti è assai complessa e degna di maggiori esami, e quindi
Al fine dell’operatività della scriminante, la situazione di pericolo che rende l’azione necessitata deve essere attuale e l’attualità del pericolo deve essere valutata ex ante con riferimento alla situazione in cui versa l’agente prima di porre in essere la sua condotta offensiva. Il pericolo attiene ad un grave danno alla persona propria o altrui: non necessariamente ad essere minacciato deve essere il bene vita o l’integrità fisica; la situazione di pericolo può investire anche altri diritti della personalità come la libertà personale, l’onore e il decoro.
La norma, poi, prescrive che lo stato di pericolo non deve essere stato volontariamente causato dall’agente e che non sia altrimenti evitabile, nonché che l’azione lesiva sia necessaria. Ulteriore presupposto richiesto, ai fini della configurabilità della scriminante, è la proporzionalità tra il danno arrecato con l’azione necessitata ed il pericolo di danno determinato dalla situazione necessitante. La comparazione deve effettuarsi con riferimento al valore dei beni in conflitto e con riguardo al grado di lesione minacciato e arrecato.
La manovra del Capitano Rackete verte proprio a forzare queste valutazioni, ovvero i criteri di pericolo, proporzionalità e necessarietà, da lei ritenuti evidentemente insistenti nella fattispecie, e che ora spetta ad altri valutare
Ad esempio la Professoressa Francesca De Vittor, docente di Diritto all’università di Milano, lieta di rispiegarvi mille volte quello che ormai dovreste già aver capito da noi.
Calmati Mushu: al momento i profili di responsabilità del resto dell’equipaggio sono ancora in corso di valutazione.
Anzi, hanno fatto esattamente quanto si chiede loro, e quindi non c’è niente di eccezionale. Nè in un senso, né nell’altro.
Nulla da vedere, nulla da fare, circolare, posare le torce ed i forconi.
Alcune sono state dure, ma compatibili con ruolo istituzionale e pregresse posizioni.
Ad esempio il Ministro dell’Interno, come abbiamo anticipato, auspica che si passi dallo status di imputata a quello di indagata e colpevole, preparando in caso contrario un decreto di espulsione.
In serata a Lampedusa gruppi di persone che rifiutiamo di definire hanno sfogato la loro rabbia ed il loro livore esistenziale in modi ben meno civili e conferenti, lanciando minacce di stupro ed insulti sessisti e grevi all’indirizzo della Rackete.
Insomma, scegliendo di adottare un linguaggio vile creato per vilificare le donne tutte, con tutto quello che questo comporta.
Il Ministro dei Trasporti Toninelli si accoda esprimendo auspici per una sanzione, la delegazione Dem sulla nave esprime invece sollievo per la cessazione dei patimenti dei migranti.
Il Comandante De Falco si richiama alla legge del Mare
“Il comportamento di Carola Rackete, che approvo, è stato quello di una persona che ha piena consapevolezza del gravoso onere che incombe sul comandante di una nave soccorritrice di completare l’operazione di soccorso attraverso lo sbarco delle persone. Non è liberato dai propri obblighi finché non porta a terra le persone, lo dicono le convenzioni internazionali che sono imperativi giuridici ed entrano nell’ordinamento a un livello superiore rispetto alle leggi ordinarie. Ecco perché non c’è violazione di legge, tuttavia scriminate dalla sussistenza dello stato di necessità: a bordo c’è una emergenza, persone salvate dall’acqua che la nave deve portare in salvo”.
Cosa accadrà, come ha ricorda il Comandante, lo deciderà un processo, anche se il fumus porta a ritenere la perizia del Comandante ancora valida e non arrugginita dagli anni lontani dal timone.
In ogni caso gli attacchi sessisti e disumani non sono scusabili, e non lo saranno sulla nostra pagina.
AGGIORNAMENTO: Il giorno 2 luglio, come previsto, il GIP non ha convalidato l’arresto.
Del resto, gli elementi erano quelli da noi forniti.
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