Ricordate: quando appare un meme o una image macro preceduta dalle parole “lo sapevate?”, e parla qualcosa che non conoscevate non è perché avete peccato di ignoranza.
È perché nel 99,999% periodico dei casi quel meme dice il falso. Come la bizzarra teoria per cui il Reddito di Cittadinanza esiste nella Costituzione Italiana. Teoria alquanto controversa, se non del tutto inesatta. Ma andiamo con ordine e partiamo dalla image macro
Partiamo da un concetto base dell’interpretazione della norma: in claris non fit interpretatio.
Quando ci troviamo di fronte ad una norma sufficientemente chiara, non possiamo inventarci significati ulteriori perché ci farebbe piacere vi fossero.
Un esempio è l’articolo 4
La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto.
Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.
Non vi è dubbio che sia una norma programmatica che riconosce a chiunque il diritto al lavoro, ma precisa anche che questo è un dovere. Il dovere sociale di concorrere al progresso materiale e spirituale della società.
Ergo, un ipotetico cittadino che, non ottenuto l’impiego dei suoi sogni decidesse di far causa alla Megaditta che gli ha rifiutato il posto da MegaDirettore Presidente Ipergalattico con serra di piante di ficus, poltrona in pelle umana, dittafono, sei quadri naïf e poltrona in pelle umana. Anche se adducesse, naturalmente, averne le capacità e di aver ovviamente scelto tale impiego, l’intepretazione autentica dell’articolo porta alla ricerca di una società dove tutti possano cooperare al progresso della nazione, non dove si possa derogare al proprio dovere civico vedendo nel lavoro solo un mezzo di potere.
Così, è lapalissiano l’oggetto dell’articolo 38, che parla del concetto diverso di Stato Sociale.
Assistenzialismo, sostanzialmente. Pensioni, sussidi di disoccupazione…
Lo Stato si fa infatti carico in prima persona dell’assistenza sociale, ossia quelle misure che servono a garantire un adeguato tenore di vita anche a chi è titolare di un reddito inferiore ad una certa soglia e non può procurarsi altre entrate (ad esempio perchè invalido di guerra o inabile al lavoro per malattia). Queste misure si sostanziano, tra gli altri, in corresponsione di pensioni di invalidità e guerra o in agevolazioni per la fruizione di servizi. Anche la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea si occupa di “sicurezza sociale e assistenza sociale” all’art. 34.
Il riferimento alla Carta dei diritti Fondamentali UE non è causale: anche essa descrive la portata dell’assistenza sociale in un determinato numero di casi, quali
quali la maternità, la malattia, gli infortuni sul lavoro, la dipendenza o la vecchiaia, oltre che in caso di perdita del posto di lavoro, secondo le modalità stabilitedal diritto comunitario e le legislazioni e prassi nazionali
Passiamo ora al testo dell’articolo 38 citato:
Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all’assistenza sociale.
I lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria [2110 c.c.].
Gli inabili ed i minorati hanno diritto all’educazione e all’avviamento professionale.
Ai compiti previsti in questo articolo provvedono organi ed istituti predisposti o integrati dallo Stato (1).
L’assistenza privata è libera (2).
E scomponiamolo. L’oggetto è il cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari di sussistenza. Esattamente come ricordato nella Carta dei Diritti, può essere il cittadino caduto vittima di infortunio, malattia, invalido o involontariamente discosccupato, l’invalido o il minorato.
Gli strumenti con cui tale lodevole obiettivo viene raggiunto si ottengono col welfare, lo stato assistenziale.
I sussidi di disoccupazione, le pensioni per gli invalidi, una disciplina che consenta alla puerpera di restare nella forza lavoro senza che la gravidanza comporti la perdita del posto, l’educazione e l’inserimento del lavoro per l’invalido e l’inabile… ma non vi è un “obbligo di Reddito di Cittadinanza”.
Al massimo il Reddito di Cittadinanza, ove correttamente funzionante nella sua funzione non già di mera elargizione economica, ma mezzo per spingere l’inoccupato alla ricerca di lavoro può essere considerato un qualcosina in più che accompagni il welfare previsto dall’articolo 38.
Ma non qualcosa di previsto dal Welfare.
La differenza è sottile, ma dagli effetti esiziali: ci ricordano infatti i colleghi di BUTAC che ogni anno abbiamo aspiranti Soloni e laureati all’Università della Vita alla Facoltà di Law and Order – Dipartimento manutenzione ascensori pronti a minacciare improbabili cause contro lo Stato presso l’Altissima Corte di Facebook per ottenere non solo il desiato “Reddito di Cittadinanza”, ma ottenerlo alle loro condizioni. Quelle lette da un meme su Facebook.
Il che nega il concetto stesso dell’Assistenza Sociale: qualcosa che aiuti il lavoratore a superare infortunio, invalidità, malattia, vecchiaia e incolpevole disoccupazione, l’invalido ad entrare nella forza lavoro e, generalmente, ogni cittadino ad assolvere a testa alta all’obbligo-dovere di collaborare al progresso della nazione col suo lavoro.
Confondere la sicurezza, l’assistenza sociale ed altre forme che non sono, è semplicemente inutile vociare e seminare confusione.
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