Ripetete con noi: la pedofilia è un atto ignobile. Ecco, prima di dirci che difendiamo i pedofili – come di sicuro il profilo accusatore farebbe – mettetevi in testa che dire che su un’accusa non esistono prove tangibili non significa difendere un reato. Ciò che però condanniamo, oltre alla violenza sui minori, è la denuncia social, altrimenti detta pubblica gogna. I nostri lettori ci segnalano il post di un profilo che allega i link diretti ad alcuni profili accusati di pedofilia con vari screenshot:
Sappiatelo: noi censuriamo i nomi perché non siamo un tribunale né le forze dell’ordine, quindi non abbiamo gli strumenti per diffondere le generalità di persone che non siano politici né personaggi dello spettacolo. Secondo il post, le persone segnalate di cui viene spudoratamente diffuso il link al profilo avrebbero commentato con allusioni sessuali il post di un altro profilo che mostrava tre ragazzine.
Per farla breve è andata così: un profilo A avrebbe postato la foto di tre ragazzine, sotto la quale sono piovuti commenti a sfondo sessuale da parte di altri profili. Un profilo B (oggetto della nostra analisi) ha screenshottato il post del profilo A con i commenti di altri profili e ha linkato tutti i profili che si sarebbero macchiati dei commenti allusivi, con la scritta “Lista pedofili Facebook”. Come prova, però, esistono solo gli screenshot.
Ciò significa che non possiamo risalire al post originale e dunque trovare un riscontro ufficiale sui messaggi a sfondo sessuale postati dai profili accusati. Uno screenshot non è una prova, e questo è quanto tutti dovremmo accettare una volta per tutte. Perché uno screenshot non è una prova? Perché potrebbe essere oggetto di una manipolazione messa in rete per diffamare i soggetti etichettati come pedofili.
Lo ripetiamo: uno screenshot non è una prova. L’azione del profilo B, dunque, potrebbe essere quella della diffamazione senza uno straccio di prova, e l’effetto sortito è il solito: orde di umanoidi inferociti si sono fiondate sui profili “segnalati” e hanno iniziato ad avvelenarne i commenti. Questo, in pratica, è ciò che accadde ad Alfredo Mascheroni (leggete qui).
Il profilo B, questa mattina, ha postato un testo:
Non sappiamo cosa significhi postare uno screenshot di un file dello strumento “Blocco note” di Windows e non sappiamo cosa si intenda per “nota” (forse una nota vocale?). Tutto sommato, il profilo B si lamenta di queste persone che gli fanno notare che un’accusa senza prove costituisce diffamazione, e si lamenta dicendo che “qualcuno difende i pedofili”. La sua bacheca, inoltre, è un concentrato di contenuti scatenati dalla pancia, come il complottismo sciichimichista sul Boeing precipitato in Etiopia:
Abbiamo dubbi sul fatto che il profilo B sia intenzionalmente fake, ma tutto ciò che sappiamo è che ha messo alla gogna 9 persone (se capovolto, il 9 diventa un 6, ed essendo multiplo di 3 possiamo arrivare tranquillamente al 666, come ci insegnava John Gambardine nel suo film “Camper Conspiracy” <— ironia), e su queste 9 persone non esistono prove, se non degli screenshot di alcuni commenti impossibili da raggiungere, in quanto comparsi sotto un post scomparso di un profilo scomparso.
Ve la facciamo più facile: Facebook non è un tribunale. Se qualche “pedofilo” scrive oscenità sotto il profilo di una persona minorenne o sotto una foto che ritrae minorenni, andare sui loro profili ad insultarli non vi rende migliori, se non denunciate. Il modo giusto, corretto e civile per punire un criminale è denunciarlo.
Se non avete prove su ciò che scrivete, accettate questo: potreste essere dei diffamatori, dunque potreste essere voi i criminali. La pancia non deve ragionare per voi, siete voi a dover usare il cervello. Dunque, non condividete delle semplici informazioni postate da un profilo di dubbia autenticità, altrimenti di dubbia autenticità diventa anche il vostro buonsenso.
Non condividete. Denunciate, il resto lo fanno gli inquirenti. Voi non siete inquirenti, accettatelo.
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