L’Invidioso di Totò: genesi di un apocrifo, storia di una fake news
L’Invidioso di Totò è un poemetto che avete visto spesso sulla Rete. Variamente attribuito al Principe Antonio De Curtis, per i fan l’attore comico Totò, circola ininterrottamente sui social.
E non solo su di essi, ma anche su forme di socialità virtuale nate prima dei social e, per un certo periodo, con esse coesistenti come i blog e i Forum. E come avete visto, ancora operative.
E, come abbiamo visto spesso accadere, anche finita sul profilo di una “Spunta Blu” illustre come Sabrina Salerno, divenuta involontariamente testimonial della fake news.
Poemetto che in realtà è un falso d’autore. Nel senso che l’autore in persona ci ha scritto, e non dall’oltretomba
L’autore è l’admin della pagina Facebook Curiosando si Impara, che ha postato il contenuto per la prima volta nel giorno 27 Febbraio 2010.
Prima di tale data infatti la poesiola non appariva in nessuna fonte letteraria, né legata al comico Partenopeo, né altrove.
Come confermatoci per iscritto dall’autore originale, che ci ha confermato la storia per mezzo di nota mail, la versione originale era assemblata sulla medesima grafica a forma di libro, ma con un volto femminile sorridente creato per mezzo di GAN (Grafica Computerizzata).
Cosa che si può confermare dal link fornito e dal fatto che, come visto nei nostri approfondimenti, i volti in GAN sono imperfetti e in questo caso gli orecchini della sorridente figura sono asimmetrici.
Possiamo quindi passare agli ulteriori rilievi.
L’Invidioso di Totò: genesi di un apocrifo, storia di una fakenews
Nell’immediato, subito dopo quindi il Febbraio 2020, la poesiola è riapparsa sovrapponendo il volto di Totò a quello della donna creata al computer e con la “firma” del comico.
In una curiosa dinamica già viste troppe volte, già nel maggio 2020 gli autori hanno annunciato nei commenti alla condivisione di aver identificato le prime fake, registrando di aver ricevuto lamentele da utenti pronti ad incolparli di essersi attribuiti una frase di Totò
Alcune persone ci hanno contattato chiedendoci se questa frase è di Totò. No:
Totò non ha mai detto queste parole e purtroppo una pagina ha rubato la nostra immagine, ha cancellato il nostro logo per attribuirla falsamente a Totò. Facebook ha provveduto a rimuovere l’immagine bufala ma purtroppo il danno è stato fatto.
In gergo di internet tale manovra si chiama “freebooting”, l’uso di contenuti di pagine altrui occultandone la provenienza.
Un caso simile si è registrato con una presunta frase su Gesù Cristo attribuita a Woody Allen e Fedez quando in realtà era stata scritta dal fumettista Italiano Davide La Rosa per un post sul suo blog nel Febbraio del 2012.
Oppure nel caso del racconto del giovane Gandhi contro il Malvagio Professor Peters, attribuita a questo o quel pensatore e destituita di ogni fondamento e logica. Ma anche nel caso dell’apologo di Churchill punk che invita a cestinare i cartelli di divieto di fumo, caso da manuale di “Churchillian Drift” (“non l’ha detto, ma potrebbe averlo fatto”) indicatoci come tale dalla International Churchill Society.
La mente corre ad un presunto apologo di Cicerone, che di Ciceroniano aveva ben poco. O all’imprevisto Tucicide novax contro le pandemie, ottenuto da una traduzione errata.
Per restare in tema politico, siamo dinanzi all’equivalente della frase di Pertini che propone di cacciare via i politici con mazze e pietre, e Pasolini che cita la Guzzanti scrivendo ad Alberto Moravia o forse Alberto Sordi, nel campo sociale a Giobbe Covatta che da oltre un decennio combatte con affermazioni razziste scritte a suo nome sulla base di “Se lo dice Giobbe Covatta non è razzismo e va bene anche se lo è”.
In tutti i casi il presunto apocrifo non esiste fino alla sua prima apparizione social, denunciando un ulteriore elemento di falsità.
Da allora gli autori della pagina hanno segnalato diverse pagine latrici del contenuto alterato, ottenendone la rimozione, ma senza riuscire a fermare le condivisioni. Hanno così raggiunto noi.
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