Linda Cerruti risponde agli insulti, e la maleducazione dei social
Linda Cerruti risponde agli insulti ricevuti. Insulti che non avrebbero dovuto esserci, e che dimostrano che qualcosa non funziona sui social.
Decisamente, portando ad un livello più alto il significato della nota canzone “Le Pietre” del cantante Pierre Antoine Muraccioli. Qualunque cosa fai, recitava il brano, sei destinato a prendere pietre in faccia.
Pietre che i Social hanno incrementato di rapidità e volume. Così tanto che nel webcomic autorizzato da DC Comics “Zatanna and the Ripper”, la nota supereroina ad un certo punto si trova ad esclamare “Io sono abituata a ricevere minacce: sono una spunta blu certificata su Twitter“.
Citazioni a parte assai probabilmente è una semplificazione dire che i social ci hanno reso peggiori: ci hanno regalato però nuove occasioni di ostentare al mondo la nostra inferiorità e berciante crudeltà, spacciandola per eguaglianza Giacobina.
Il riflesso negativo di “uno vale uno”, de “il mio parere è buono quanto il tuo e devi ascoltarmi” è l’ossessione postmoderna che avere la capacità fisica di esprimere un concetto costringa il prossimo a sedersi ed ascoltarti e approvarti. Fosse anche una crudele bestialità.
Passiamo ora a Linda Cerruti, otto volte campionessa. Stupendo, direte voi, no?
Linda Cerruti risponde agli insulti, e la maleducazione dei social
Linda Cerruti però ha due problemi: è un personaggio famoso ed una campionessa ed è un “account social certificato”. Come nello sketch della supereroina DC Comics, questo la rende un bersaglio perfetto di chi famoso non è, certificato non è, ma crede di avere il “diritto” di scagliarsi contro i famosi e i certificati perché in qualche modo loro glielo “dovrebbero”.
Succede quindi che Linda Cerruti, otto volte campionessa di nuoto sincronizzato, pubblica uno scatto di una posta artistica con le otto medaglie appese alle gambe.
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Foto artistica, giocosamente legata alle prove di atleticismo e abilità fisica che le hanno dato quelle medaglie (ovviamente, nello sport non ti regalano medaglie “solo per esserci”: devi provare le tue capacità).
Nonché un testo normalissimo, un innocente moto di festeggiamento.
Due giorni dopo l’amara sorpresa, che lasciamo alle parole dell’interessata
«Due giorni fa ho condiviso una foto fatta nella spiaggia in cui vado da sempre, nel savonese, in cui ho coltivato i primi sogni e che per me ha anche un forte valore simbolico. La foto mi ritrae in una posa artistica, tipica del mio sport, a testa in giù e in spaccata, insieme alle otto medaglie vinte in quello che è il miglior campionato europeo della mia carriera – scrive in un lungo post di accusa la campionessa – Il post è stato ripreso da vari quotidiani. Stamattina una mia amica mi invia uno di questi post condivisi dalle testate giornalistiche sulla loro pagina Facebook, lo apro e rimango letteralmente basita nonché schifata dalle centinaia, probabilmente migliaia, di commenti fuori luogo, sessisti e volgari che lo accompagnano».
Sfogo che, giustamente, continua così
«Dopo più di 20 anni di allenamenti e sacrifici, trovo a dir poco vergognoso e mi fa davvero male al cuore leggere quest’orda di persone fare battute che sessualizzano il mio corpo. Un sedere e due gambe sono davvero quello che resta, l’argomento principale di cui parlare? Il minimo, nonché l’unica cosa che posso fare, è denunciare l’inopportunità di quei commenti, specchio di una società ancora troppo maschilista e molto diversa rispetto a quella in cui un domani vorrei far nascere e crescere i mie figli. Ci tengo, allo stesso tempo, a ringraziare tutte le persone che hanno preso le distanze da questi commenti, mi hanno “difesa” ed hanno apprezzato la foto per quello che è: l’immagine di un’atleta di nuoto artistico orgogliosa dei suoi risultati. È questa l’Italia che orgogliosamente rappresento portando la bandiera tricolore in giro per il mondo».
Taceremo sulla qualità degli svilenti insulti, reperibili purtroppo sin troppo facilmente e che altri hanno censito per noi, che sviliscono chi li lancia in giro piuttosto che ricevere.
Ci chiediamo peraltro quando il “cittadino 2.0 della Rete” si renderà conto che esibire la sua miserabile pochezza non lo rende migliore delle sue vittime. Anzi.
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