Complottismo

L’improbabile diffida contro l’esibizione del Green Pass in Albergo

L’improbabile diffida contro l’esibizione del Green Pass in Albergo è la prova di come funziona la propaganda complottista.

Ovvero il complottista, irrefrenabile araldo della libertà, si scaglia contro qualcosa che non esiste.

In questo caso, la presunta richiesta di esibizione del Green Pass da parte di un albergatore.

Se questo qualcosa continua a non esistere, ecco che si intesterà la vittoria, dichiarando che non esiste per merito suo.

Se qualcosa di simile dovesse, per avventura, mai venire al mondo, il complottista si intesterà la soccombenza dicendo che i Poteri Forti hanno fatto “qualcosa di simile, ma il concetto è quello che conta”.

Un po’ come la nota barzelletta sul Cucciolone degli “Elefanti che si tingono le unghie di rosso per nascondersi nei campi di ciliegie”, e lo fanno così bene che nessuno ha mai visto un elefante aggirarsi nei campi.

In questo caso l’elefante con le unghie dipinte di rosso è una improbabile diffida contro l’esibizione del Green Pass.

L’improbabile diffida contro l’esibizione del Green Pass in Albergo

Iniziamo infatti con una doverosissima premessa. Vi ricordiamo che in nessun caso, secondo le leggi attuali, un albergatore può chiedere il Green Pass.

Infatti

A questa domanda ha risposto il ministro Speranza, specificando che albergatori, ristoratori e negozianti non avranno il diritto di chiedere ai clienti il certificato verde Covid19.

E secondo la normativa attualmente in vigore, come per i documenti di identità (che in albergo sono richiesti in forza di legge, non per arbitrio), non è che che il primo che passa potrà chiederveli.

Ad esempio non vi saranno richiesti in albergo, ma le forze dell’ordine potranno chiederne l’esibizione.

Ci chiediamo da dove quindi salti fuori l’improbabile diffida che sta girando per i profili

“UNO DEI PRIMI CASI DI RICHIESTA ESIBIZIONI GREEN PASS IN SEDE DI PRENOTAZIONE ALBERGO
Risposta del cliente
GRANDIOSA, DA LEGGERE TUTTA!!!
RACC. A.R.
“Spett.le Hotel Xxxxxxxx
Via Xxxxxxxxxxx
Cortina d’Ampezzo – BL
E p. c.
Ufficio del
Garante della Privacy
[redacted]
Centralino: 06.[redacted]
Posta elettronica: [redacted]
Oggetto: prenotazione n. Xxxxxxxx del gg/mm/aaaa.
Con riferimento alla prenotazione in oggetto, ed alla vostra richiesta di documenti, anche in formato digitale, sulle mie condizioni di salute, in relazione alla situazione covid-19 per l’ottenimento dell’accesso alla vostra struttura V’informo che:
✓ non sono in possesso di tale documentazione;
✓ non è mia intenzione procedere con esami e terapie sperimentali per ottenere tale documentazione;
✓ comunque quand’anche decidessi a favore e venissi in possesso di tale documentazione non sarebbe mia intenzione esibirla a voi;
Mi permetto di farvi notare che per accettare la vostra richiesta, considerando me stesso in vigore e salute e, vero che, una malattia infettiva si diffonde in tutte le direzioni, in qualità di “ospite” dal mio punto di vista “sano” della vostra struttura, dovrei chiedervi a mia volta l’accesso a tutta la vostra documentazione sanitaria:
✓ certificato di sanificazione dei locali e degli impianti di condizionamento in corso di validità;
✓ esito dei tamponi di tutto il personale addetto alla struttura: titolari, dipendenti, collaboratori esterni e clienti presenti dal mio check in al mio check out;
✓ certificati vaccinali o green pass dei titolari, dipendenti, collaboratori esterni e clienti.
Quanto sopra evidenzia l’assurdità e la palese impossibilità di soddisfare la vostra richiesta che, rammento, non è un obbligo di legge ma un basso stratagemma escogitato dall’attuale sistema politico-burocratico-sanitario Criminale al solo scopo di far diventare questa pratica: abitudine, consuetudine, prassi, regola, per ottenerne la legittimazione di massa.
Concludo con il sunto della risoluzione del Consiglio d’Europa in merito alla discriminazione di cui voi vi state rendendo volontariamente complici:
Consiglio d’Europa:
Risoluzione 2361/2021
Assemblea parlamentare
Discussione dell’Assemblea il 27 gennaio 2021 (5a seduta) (cfr. doc. 15212, relazione della commissione per gli affari sociali, la sanità e lo sviluppo sostenibile, relatrice: Jennifer De Temmerman).
Testo adottato dall’Assemblea il 27 gennaio 2021 (5a seduta).
(…)
7.3 per quanto riguarda la garanzia di una elevata diffusione dei vaccini:
7.3.1 garantire che i cittadini siano informati che la vaccinazione non è obbligatoria e che nessuno è politicamente, socialmente o altrimenti sotto pressione per vaccinarsi, se non lo desiderano da soli;
7.3.2 garantire che nessuno sia discriminato per non essere stato vaccinato, a causa di possibili rischi per la salute o per non voler essere vaccinato;
7.5.2 utilizzare certificati di vaccinazione solo per lo scopo designato di monitorare l’efficacia del vaccino, i potenziali effetti collaterali e gli eventi avversi.
(…)
Vi invito a riconsiderare la vostra richiesta di tale documentazione anche in virtù del fatto che ad oggi l’applicazione del sacrosanto diritto alla privacy vi ha risparmiato la discriminazione di tutti i sieropositivi da HIV, meningite e vari tipi di epatite a cui avete dato inconsapevole ospitalità nella vostra struttura. E questo è un Bene.
Nell’attesa di una vostra risposta. Cordiali saluti.”

Sostanzialmente siamo di fronte ad una replica dinanzi a qualcosa che legislativamente parlando non ha diritto di esistere, presentata come una battaglia contro qualcosa che, se esistesse, sarebbe una anomalia e se in futuro dovesse esserci sarebbe sostenuta da leggi… discusse proprio col Garante della Privacy invocato.

Questo, a parte tutto il cucuzzaro di bufale sul “vaccino sperimentale” che abbiamo imparato ad amare e che contribuiscono ad un avvelenamento del pozzo.

Appunto, come dichiarare di aver scritto una lettera al proprio albergo per chiedere che non ci fosse una creatura del Fantasy in giro per i corridoi per poi dichiarare su Internet o sui social di aver impedito a Gandalf lo stregone di pernottare nella propria stanza.

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