Da un lato WWF, Legambiente e Greenpeace, dall’altro i comitati e la comunità locale: l’eolico in Sardegna lacera il fronte ecologista e riapre il dibattito in una situazione già rovente per il clima
L’aria che tira tra le pale eoliche non è decisamente un venticello o un’aria pacifica, ma quello che sembra essere una piccola tempesta.
La transizione ecologica non è un pranzo di gala, potremmo parafrasare una illustre frase. E il dibattito si infiamma al grido di A foras le pale, “via le pale dalla regione” in lingua sarda, scritta che accoglie i reporter appena arrivati all’aereoporto di Alghero per discutere della vicenda.
Da un lato gli attivisti locali, che denunciano la presenza di centinaia di richieste di allaccio per impianti, manifestando una produzione elettrica esuberante rispetto al fabbisogno.
Stime degli attivisti parlano di un surplus del 40%, confermando una produzione composta al 33% da rinnovabili e al 67% da fonte fossile che però potrebbe essere facilmente riconvertita in rinnovabile evitando quel surplus, che al momento finisce nella rete elettrica del resto della Nazione.
La proposta delle comunità locali è una decarbonizzazione quindi sostenibile: ritenendo che l’installazione delle strutture corrispondenti alle richieste di allaccio danneggerebbe il territorio, chiedere che essa sia parametrata sui consumi della Regione lasciando la scelta di e se produrre ulteriore surplus.
Si sfilano le principali firme dell’ecologismo, col WWF che annuncia lo strappo con un comunicato vitriolico, quasi al fulmicotone, parlando a nome di Sardegna Rinnovabile, l’ente composto da WWF, Legambiente, Greenpeace e Kyoto Club, che accusa platealmente la stampa locale di non aver consentito la pubblicazione delle loro ragioni (secondo il comunicato, chiedendo un prezzo superiore al preventivato) che affida quindi al mezzo proprio.
Sardegna Rinnovabile nega invece “l’assalto delle rinnovabili” descritto dall’associazionismo locale lamentando un rallentamento fino ad oggi della diffusione delle stesse e calcolando ricadute economiche intorno al 60% per la Regione anche in caso di surplus energetico rivenduto in Italia.
Legambiente si spinge oltre richiedendo una moratoria non per l’eolico, ma per i combustibili fossili, mentre Gianluca Ruggieri, ingegnere energetico in forze all’Università dell’Insubria, insiste ai microfoni di Fanpage per l’immediato abbandono del fossile e un ricorso all’energia solare su strutture come tetti e parcheggi, dato già presente in Europa.
Lo scontro insomma si infiamma, e non tutto il mondo dell’ambientalismo la pensa allo stesso modo.
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