DISINFORMAZIONE L'economia sommersa della Germania – Bufale.net
Tra le svariate notizie che circolano sulla rete, ci è stata segnalata la nozione secondo cui la Germania avrebbe nella sua economia 351 miliardi di economia sommersa. E ciò costituirebbe inequivocabile prova di corruzione.
Il senso della notizia è evidente, e solo un mero tuziorismo difensivo e volontà di preservare la verità ci impone di correggerla e verificarla: il senso è, come per mille simili bufale o imprecisioni, fomentare un falso senso sciovinistico e patriottico di superiorità, assolvendosi da ogni colpa.
Ipotizziamo anche che la Germania abbia una “fiorente” economia sommersa, cosa, come vedremo, non del tutto esatta. Ciò costituirebbe forse motivo per noi Italiani di non combattere il fenomeno noi stessi? Appurato che “Forse c’è chi sta peggio”, ciò cosa comporterebbe?
Non sarebbe come tornare all’infantile stadio della nostra vita in cui, per spiegare ai nostri genitori di aver preso un brutto voto al compito delle elementari, sciorinavamo un “Ma mamma, il figlio della maestra ha preso cinque e lei gli ha comprato la Playstation nuova!! Perché a lui nessuno lo sgrida? Perché è cocco della maestra?”
Ma andiamo con ordine e muoviamoci verso le fonti. Fonti che portano verso questo studio, del quale vi pubblichiamo un’appendice.
Letto con attenzione? Noterete qualcosa che ai nostri contatti ed a coloro che gli hanno ammanito la “turpe storia della Germania che evade miliardi di Euro in più” è sfuggita. È vero che, effettivamente, secondo lo studio il sommerso tedesco si aggirava su quelle immense somme, ma attenzione, è anche vero che l’economia tedesca è molto più grande dell’economia Italiana, e muove somme di denaro molto più ingenti.
In proporzione, pertanto, il sommerso in Germania era nel 2010 un mero 13,9% rispetto al PIL, mentre l’Italia “buona e santa” evadeva per un buon 21,8%, e nel 2013, in tempi tanto recenti quanto la statistica consente il dato tedesco scendeva di uno 0,9% totale, portandosi al 13%, mentre il dato Italiano scendeva meramente di 0,7%, attestandosi al 21,1%
Non solo abbiamo scoperto che forse “il figlio della maestra che ha ricevuto la Playstation per il compleanno perché è il cocchino della mamma” in realtà non aveva preso cinque, ma un onesto 7 “meno-meno”, ma scopriamo che il bambino che se ne era lamentato era ben al di sotto della sufficienza e desideroso di una assoluzione facile e, chiamati entrambi ai “corsi di recupero”, il figlio della maestra, sudando e sgobbando, è arrivato al 7 pieno, mentre il bambino incline alle lamentele continua ad avere performances sottotono e, sia pur migliorando, in proporzione non migliora come il suo compagno.
Scopriamo infatti dal Sole 24 Ore, con analisi di un monografico del 2013, che
C’è una classifica che vede l’Italia seconda potenza europea dietro la Germania. Ma non è esattamente una performance di cui andare fieri: la graduatoria in questione riguarda infatti il valore dell’economia sommersa che, qui da noi, si attesta sui 333 miliardi contro i 351 miliardi della Repubblica federale. Maggiore rispetto a quello di Berlino è però, purtroppo, il contributo del nostro «nero» al prodotto interno lordo nazionale.
Attualmente, o quantomeno secondo dati aggiornati all’ultimo anno, siamo infatti secondi in Europa come valore monetario dell’economia sommersa ma nei valori alti della classifica parametrando il valore del sommerso rispetto al Prodotto Interno Lordo.
È infatti lapalissiano che per un paese col PIL molto più elevato come la Germania 351 miliardi di Euro sono una percentuale ben più esigua e ristretta rispetto ai 333 miliardi dell’Italia.
Entrambi i testi suggeriscono delle ricette. Ricette culturali, poiché
«Il sommerso – scrive Maurizio Vallone, Direttore del Servizio di Controllo del Territorio del Dipartimento di Pubblica Sicurezza di Roma, nel suo intervento -, in una realtà come quella campana, e napoletana in particolare, dà sempre la sensazione di essere una “regola” accettata, o, almeno, sopportata non solo dalla società “per male” ma anche da quella che solitamente si definisce “per bene”. D’altronde – aggiunge -, non sarebbe possibile una così diffusa cultura dell’illegalità ed un così diffuso ricorso a strumenti illegali, se anche la parte della società che è normalmente estranea a dinamiche criminali non fosse incline a tollerarne alcuni aspetti, accettarne altri, ed esserne direttamente partecipe di altri ancora».
E strutturali, ad esempio potenziando il ricorso alla c.d. Valuta Elettronica affinché, resi Bancomat, Carte di Credito e PayPal ubiquitari, l’imprenditore disonesto sia disincentivato al nero e l’utente virtuoso sia incoraggiato a rifiutare facili scorciatoie.
La “cultura dell’illegalità” non si combatte costruendo (su dati artefatti, come visto) lo spettro di “Coloro che stanno peggio di noi”, ma guardando la letterale trave nel nostro occhio prima di sforzarsi a cercar pagliuzze nell’occhio altrui con l’ausilio di mezzi ottici di precisione.
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