Le spropositate reazioni della Russia al risultato Eurovision dimostrano una cosa: lo spirito sportivo non è sempre parte delle competizioni.
Un po’ di malumore è accettabile: quando il malumore raggiunge la TV di Stato con proporzioni da tragedia si ottiene quello che il Dottor Gardner, editorialista, scrittore ed esperto della Propaganda Russa ha definito un’esplosione di capricci degna di un bambino delle elementari.
Apre le danze una nostra conoscenza, la giornalista russa Yuliya Vityazeva, attiva anche sulle emittenti europee
Che propone di bombardare l’Eurovision con un missile nucleare.
Festeggiamenti un po’ sopra le righe, non trovate?
Secondo invece un outlet apparentemente Bielorusso riportato dall’editorialista, una vena di omofobia porta il virile popolo Russo a definire i costumi dell’Eurovision e i suoi partecipanti dei fenomeni da baraccone.
Proponendo quindi la restaurazione dell’Austero Intervision, l’Eurovision fai da te dell’Era Sovietica, un concorso musicale per soli virili aderenti al Blocco di Varsavia.
L’equivalente della gag del Bender di Futurama che, scacciato in malo modo da un casinò, propone di creare un casinò tutto suo, col blackjack e le squillo di lusso. Anzi no, senza blackjack e senza il casinò.
Del resto, Intervision è già esistito in passato, e la Russia ha una ricca tradizioni nel clonare i lussi occidentali che non possono avere, come col Dendy (clone del Nintendo Entertainment System) e per i dischi occidentali ristampati su lastre radiografiche usate.
Parliamo di una nazione dove l’omofobia è radicata a livello tale da avere un reality basato sul misurare l’eterosessualità dei propri partecipanti.
Dove un improbabile servizio della TV locale ha denunciato la scoperta di una improbabile cella di terroristi nazisti omosessuali armati di foto di Hitler, parrucche verdi e piene di boccoli e copie The Sims, gioco usato per simulare matrimoni gay insegnando ai giovani post-sovietici l’omosessualità.
In una società profondamente incardinata nella difesa ad oltranza dei “ruoli tradizionale di genere”, può capitare che le offese si tingano di misoginia e maschilismo tossico.
Ne sa qualcosa Vera Brezhneva, sostenitrice dell’Eurovision, seppellita dai blogger Russi Pro-Cremlino con commenti definiti una fogna di misoginia.
Più dimesso, ma non meno perplimente, l’intervento registrato da Francis Scarr, giornalista, espresso dal membro della Duma Boris Aleksandrovich Chernyshov.
Intervento che in poche righe collega la vittoria dell’Ucraina alla Cancel Culture, al movimento Black Lives Matter ed alla morte di George Floyd, chiedendosi con sarcasmo poco motivato perché i partecipanti non si siano inginocchiati.
Il suo intervento peraltro denuncia un interessante boomerang: se equipara l’esclusione della Russia alla Cancel Culture, la vittoria dell’Ucraina al Black Lives Matter e gli Ucraini a George Floyd, sembrerebbe di fatto descrivere l’immagine della Russia come il “poliziotto” che strozza l’Ucraina schiacciandole la carotide col ginocchio e guardandola morire tra la condanna del mondo.
Abbiamo già avuto modo di parlare dei tentativi degli Hacker Russi di lanciare una chiamata alle armi per bloccare il televoto. E di quanto lontano li abbia portati.
Quando avevamo ipotizzato che l’esclusione della Russia dall’Eurovision avrebbe significato far percepire alla Russia di essere più sola e fuori dai circuiti internazionali non solo politici, ma relazionali e sociali, non avremmo mai potuto prevedere reazioni come quelle collazionate dalla stampa.
A cui possiamo aggiungere la teoria per cui parlare dell’invasione Russa in pubblico è un “vile attentato” alla Russia stessa.
E che ci aspettiamo essere superate in un grottesco crescendo degno della riscrittura della nota favola della volpe che, non riuscendo a entrare all’Eurovision, dichiara che sono tutti fenomeni da baraccone omosessuali come George Floyd del BLM da denazificare a colpi di missile.
Quello che per il mondo è un’occasione di svago e gioia, per la Russia sembra essere diventato uno sfregio ulteriore ad una immagine pubblica che sta soffrendo del conflitto più di quanto la Propaganda avesse mai potuto prevedere.
Sostanzialmente, si evidenzia un crollo delle pubbliche relazioni che riporta le lancette della storia alla Guerra Fredda, se non ancora più gelate.
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