Attenzione: questo articolo non conterrà nomi. Capirete di che vicende stiamo parlando, ma rifiutiamo di fare nomi e rifiutiamo di entrare nel dettaglio. Se avete intenzione di sciamare nei commenti cantando “I want to know, vorrei sapere” come se viveste in un episodio di Adrian la Serie Evento, siete pregati di contare fino a 120. E poi non farlo.
Sono le dieci di sera mentre sto scrivendo a fatica questo articolo, e per fatica intendo la fatica a proseguire con questo progetto, cessare di scrivere su Bufale e aprire una petizione per imporre un test sull’accesso di Internet, con criteri rigidi e la vendita di modem bloccati con l’unico scopo di consentire ai ragazzini di giocare a Fortnite e Pokemon.
Perché scusate la franchezza, non vedo altre soluzioni. Non adesso, non qui.
Siamo al 14 gennaio, ed ho visto più stupidità e cattiveria di quante ne avrei visti nella celebre taverna di Mos Eisley in Star Wars, quel “covo di feccia e malvagità”.
Nel giro di 24 ore mi sono svegliato per scoprire che una donna, ristoratrice e persona di grande carità, messa alla gogna per una storia di recensioni si è tolta la vita.
Direte che probabilmente non è colpa vostra, ma voi non ci pensate che anche il minimo peso di un commento alla “bergogniah non cielodikeno” potrebbe aver precipitato una situazione che voi non conoscevate?
Che se siete davanti allo scoop, al “caso del momento” dovreste chiedervi se vale il caso di ergersi a giudice, giuria e giustiziere e poi lasciare la questione ad altri che non ne facciano forche social?
E non solo questo.
Nella stessa giornata scopriamo che una ragazza con la sola colpa di avere lo stesso nome di una ragazza accusata di aver lanciato un gatto in una fontana è stata anche lei vittima di una gogna social massiccia, rischiando così di unirsi al numero delle vittime della “giustizia di Lynch” tanto cara al popolo della Rete.
Per finire, un personaggio pubblico a sua volta oggetto delle attenzioni degli hater e della gogna social decide di rendere pan per focaccia mostrando la foto di un hater. La foto sbagliata però, di un poveraccio che ha rischiato quindi la gogna social da coloro in ascolto.
Cosa posso dire quindi?
Cosa abbiamo dimostrato: le gogne uccidono. Cercare di difendersi dalla gogna mostrando qualcun altro sul quale poi si scatenerà una gogna, espone non solo al rischio di sbagliare e gognare qualcuno che ha la sola colpa di passare per caso, letteralmente, ma diventa una dimostrazione plastica del famoso proverbio occhio per occhio e tutto il mondo diventerà cieco.
Decenni di social spazzatura, media spazzatura, giustizialismo da operetta e velleità da giacobini mancati ci hanno insegnato che dinanzi alla “grande ingiustizia” bisogna farsi giustizia da sé. I “nomi e cognomi” sempre in piazza, la foto del reo sui social, Jean Valjean che ruba un tozzo di pane, il bambino che si mette in tasca una caramella e il gran farabutto gettati in pasto alla gente perché “si levi dalle piazze un alto alto grido di Honestà”.
Dimenticando che come diceva un noto apocrifo del Cardinale Richelieu, anche a me, se volessi ricambiarvi con la stessa pariglia, basterebbero sei righe scritte dal più onesto di voi per condannarvi tutti alla forca.
Pensateci: praticamente un messaggio medio su Facebook. Quelli con cui avete gognato qualcuno.
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