Navigando allegramente per gli short di YouTube ci siamo imbattuti in una nuova teoria del complotto, o meglio una nuova vecchia teoria del complotto: la credenza diffusa in taluni ambienti per cui i produttori di telefonini si siano messi d’accordo per usare batterie incollate allo scopo di “tenere i cellulari sempre accesi” e “controllare le persone”.
Corollari fetidi, la teoria del “5G dei cellulari che interagisce col (presunto) grafene dei vaccini”.
Siamo quindi ad un passo dal cappellino di stagnola, se non direttamente al cappello di stagnola.
Come ci ricorda McAfee, i produttori di Antivirus,
“Un telefono spento è difficile da tracciare perché smette di inviare segnali alle torri cellulari. Tuttavia, il fornitore di servizi o il provider Internet può ottenere l’ultima posizione una volta che il cellulare è stato riacceso”
Se avete paura che i “Poteri Forti” vi rintraccino e vi mandino ad esempio i messaggi di “IT Alert” potete semplicemente spegnere il cellulare.
Se avete ancora paura che i Poteri Forti possano buggarvi il cellulare, potreste anche comprare una di quelle “sacchette per bloccare il segnale”, usate ad esempio nei concorsi pubblici o in alcune scuole per impedire ai discenti di estrarre lo smartphone e cercare le risposte su Internet, ma vi basta davvero se avete tanta paura spegnere il cellulare e lasciarlo a casa quando sentite di dover evitare Soros o l’agente cattivo del Governo.
Il potivo per cui i cellulari moderni hanno perlopiù (salvo eccezioni come il Fairphone) la batteria non removibile è perché voi stessi volete cellulari certificati IP, leggeri e resistenti.
Evocate dai vostri ricordi un cellulare degli anni ’90, se non lo avete vi fornisco io una foto. Una batteria con dei contatti praticamente a vista viene poggiata in un alloggio, coperta alla meno peggio da uno sportello (alcuni modelli più datati, come lo StarTAC neppure avevano lo sportello, direttamente la batteria agganciata).
Scenario tipico: vi cade di mano il cellulare, lo sportello si apre e se non si è rotto ha comunque sputato fuori la batteria. La batteria si è staccata, il cellulare si è spento.
Poco male, direte voi. Ma vi cade in una pozza d’acqua: in buona parte dei casi avete rotto il cellulare o quantomeno mandato la pila in corto circuito. State cercando di mettervi al sicuro in una pioggia torrentizia, le vostre tasche si riempiono d’acqua e il cellulare smette di funzionare.
Inoltre, lo sportello non è sigillato: nella vita del cellulare vi toccherà sovente aprirlo e spolverare, e con cellulari come quelli la cui cover copre anche la lente delle prime macchine fotografiche incorporate, rischiate di fare foto fuligginose.
E così via: un cellulare con la pila removibile tende ad essere più “spesso” perché deve ospitare connettori facili da usare e tende a non avere protezione da polvere e acqua.
Con la batteria non-removibile è più economico per i produttori ottenere dispositivi dall’aspetto più lussuoso: e non è un controsenso.
La batteria moderna è incollata saldamente alla scocca, removibile con adesivi a strappo, solventi (basta una boccetta di Alcol) o nel caso dell’ultimo iPhone 16, surriscaldando leggermente l’adesivo con una batteria da 9V. Questo comporta dover usare meno spazio per viti, sostegni e fermi.
Inoltre la scocca può essere fatta con un corpo unico e senza sportelli, a sua volta sigillata con un anello di adesivo professionale nei punti di entrata, come ad esempio il monitor o la scocca posteriore.
Questo significa avere cellulari certificati contro spruzzi d’acqua e polvere o immersione.
Torniamo all’esempio di prima: se vi cade un vecchio cellulare in una pozzanghera, l’acqua va ovunque. Se vi cade un cellulare nuovo, a parte sciuparne l’aspetto pregiato con ammaccature e graffi (ma esistono le custodie per questo) potreste rapidamente recuperarlo e non patire danno.
Ad esempio un cellulare IP67, certificazione per i mediogamma, è tecnicamente coperto contro l’intrusione di polvere e di acqua fino ad una profondità tra 15 cm e 1 metro per un tempo di 30 minuti, mentre IP68, riservata ai top di gamma e alcune eccezioni come i mediogamma alti di Nokia, promettono la resistenza totale ad acqua e polvere per un tempo di almeno 1 ora e una profondità di almeno 3 metri.
Leggere la certificazione IP è facile come leggerne il numero: la prima cifra è per polvere e sabbia, la seconda per i liquidi.
Un IP 57, per esempio, potrà far entrare “polvere in piccola quantità che non interferisce con le funzioni”, ma un IP67 garantirà l’assenza assoluta di polvere a parità di certificazione per l’acqua.
Lo scenario tipico degli anni ’90 del “togliere la cover al Nokia per levare i pelucchi da sotto il monitor” con un IP57 è già inibito ed escluso categoricamente con un IP67
Un esempio tipico di quanto diciamo è il Fairphone 5, uno dei migliori cellulari rimasti sul mercato con batteria removibile: tale scelta porta il rating IP a 55: protetto da getti d’acqua, in grado di limitare l’ingresso di polvere, ma non di escluderlo.
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