Le automobili di adesso sono fatte per rompersi subito, quelle di un tempo erano eterne: sì, ma perché?
Uno dei miti diffusi è quello per cui automobili di adesso sono fatte per rompersi subito, quelle di un tempo erano eterne. Mito derivato da una falsa concezione di un elemento tecnico, applicata però in modo complottista.
Infatti si ripete sovente alle automobili la stessa solfa complottista applicata ai beni elettronici, vedasi “SONY Timer” e coi computer, che porta ad esempio a rifiutare gli aggiornamenti creando più guai dei presunti benefici.
Si tratta del mito dell'”obsolescenza programmata”: sostanzialmente fino agli anni ’60 c’era una specie di mitologica età dell’Eden dove i Complottisti Governavano la Terra, le automobili erano costruite per durare cento anni e la “meglio gioventù” girava per strada su motorini truccati senza casco e senza assicurazione
Perché il punto è questo: effettivamente, se prendiamo una macchina degli anni ’50 e una macchina moderna e le mandiamo in rotta di collisione a tutta velocità contro un muro, la macchina più datata probabilmente ne uscirà ammaccata ma, almeno per quanto riguarda la carrozzeria riparabile.
Ma il conducente della prima uscirà dalla macchina sottoforma di una massa di carne spappolata mentre il conducente della seconda avrà possibilità di salvarsi.
Le automobili di adesso sono fatte per rompersi subito, quelle di un tempo erano eterne: sì, ma perché?
La parola chiave è “crumple zone”, o zona di assorbimento degli urti.
Se oggi un’automobile è costruita per accartocciarsi in caso di incidente in modo da lasciare l’abitacolo “abbastanza intatto” per tirarti fuori, è perché Béla Barényi nel 1937 aveva deciso che, sostanzialmente, i maggiori produttori di automobili della sua epoca avevano sbagliato tutto.
Non aveva senso costruire automobili solide e robuste quando, in caso di incidente, tutto quello che c’era nell’abitacolo sarebbe diventato una trappola mortale. Il piantone dello sterzo potrebbe sfondarti il torace, le lamiere piegandosi tagliarti il corpo a pezzi, i vetri accecarti e così via… rifiutato più volte in passato, Barényi presentò le sue idee a William Haspel, CEO di Mercedes per quasi mezz’ora, ed egli fu persuaso ad assumere il visionario disoccupato promettendo che le sue idee sarebbero passate per l’ufficio brevetti della casa.
Barényifu assunto nel 1939: però la prima auto con zone di assorbimento degli urti fu brevettata nel 1952 e prodotta nel 1959, la Mercedes-Benz W111.
Una berlina di lusso, anzi di superlusso, costruita in modo che le sue componenti longitudinali assorbissero l’impatto in caso di incidente. La scocca si sarebbe deformata, ma non avrebbe trasmesso l’urto nella sua piena potenza al conducente.
Col passare del tempo crebbe anche la tecnologia dell’assorbimento: negli anni ’80 furono introdotti sia i primi airbag realmente efficaci (i modelli degli anni ’70 erano imperfetti e inutili) che la possibilità di effettuare complesse simulazioni degli impatti, sia al computer che in galleria: seguirà il programma volontario European New Car Assessment Programme (Euro NCAP) degli anni ’90.
Ricorderete tutti gli “sbullonati”, pupazzi anni ’90 definiti come “testa dura, senza paura”, manichini da lanciare in apposite auto giocattolo per vederli sbatacchiarsi nel loro abitacolo in caso di incidenti e smontarsi, mentre la loro autoo giocattolo si deformava sparandoli fuori dal finestrino.
Gli “Sbullonati” erano giocose riproduzioni dei manichini da crash test, gli stessi usati per assicurarsi che un’auto moderna, in caso di grave sinistro, riuscisse ad assorbire gli impatti senza smantellare i manichini al suo interno, sapendo che ognuno avrebbe rappresentato una vera persona, e il loro scopo era educativo. Lo spot pubblicitario sesso aveva i due “sbullonati” ripetere ai piccoli giocatori di “non diventare come e allacciare le cinture”, ribadendo l’importanza della sicurezza al volante.
Nel 2009 una trasmissione americana mise infatti due “famiglie di sbullonati” una contro l’altra: una in una “vettura antica degli anni ’50”, una Chevrolet Bel Air, ed una nella sua discendente moderna, la Chevrolet Malibu.
Alla fine del test, con entrambe le macchine schiantate l’una sull’altra, la Bel Air aveva sfondato il muso della Malibù, ma anche accartocciato il suo sbullonato pilota in modo che ne avrebbe sancito la morte certa.
Cosa non accaduta sulle auto moderne.
La somma di zone di assorbimento, cinture di sicurezza ed Airbag salvano delle vite.
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