Le arbitrarie interpretazioni social degli articoli sull’acquisto dei Leopard
Ci segnalano i nostri contatti una screen contenente una bizzarra reinterpretazione di un pezzo legittimamente redatto dell’Avvenire sull’acquisto dei Leopard, ovvero carri armati in forza all’Esercito.
La reinterpretazione a scopo di acchiappaclick inquina la lettura di un articolo in realtà bello e ben composto. In realtà non ha senso il parallesimo coi disabili.
Sarebbe un po’ come dire che se oggi io compro una macchina nuova rottamando la mia Panda del 1992 sto “prendendo a schiaffi la fame nel mondo”.
Le arbitrarie interpretazioni social degli articoli sull’acquisto dei Leopard
Una serie di motivi contenuti nelle deliberazioni infatti rendono la didascalia posticcia.
Innanzitutto, i mezzi ci servono, non perché qualcuno debba andarci a fare la guerra, ma per lo stesso motivo per cui ci facciamo l’assicurazione obbligatoria sulle auto e, nonostante non sia obbligatorio farlo, mettiamo la porta blindata a casa anziché la porticina di legno col chiavistello.
Nessuno vuole sfracelllarsi su un palo e nessuno vuole che i ladri gli entrino in casa a rubare tutto.
Non dovrebbe succedere, ma se succedesse è meglio essere pronti perché, specie di questi tempi, se avessimo bisogno di difenderci non potremmo farlo con la cortesia.
Si parla poi di una spesa diluita al limite dell’omeopatia: l’acquisto dei Leopard avrà una durata complessiva ipotizzata di 14 anni (fino al 2037) divisa in due fasi: la prima (2024-2026) di sostanziale preparazione mentre la seconda (2027 – 2037) è quella che vedrà la vera e propria acquisizione di 132 carri armati Leopard 2A8 destinati a costituire due reggimenti carri e fino a 140 piattaforme corazzate derivate per equipaggiare le unità delle brigate pesanti, medie e leggere, tutti i reggimenti genio e i reggimenti logistici dell’Esercito e gli istituti di formazione.
Inoltre gli 8 miliardi e 246 milioni di euro previsti rientreranno nell’economia Italiana dato che si tratta di mezzi prodotti nello stabilimento Leonardo di La Spezia (ex Oto Melara), con ovvia ricaduta positiva sull’economia italiana.
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